Le Havre, l’accademia più prestigiosa di Francia, sta per tornare in Ligue 1

by Lorenzo Lombardi
Le Havre

Quattordici anni dall’ultima stagione in Ligue 1. Quattro partite al termine di una stagione memorabile e 6 punti di vantaggio sul Bordeaux secondo in classifica. Il club più antico di Francia è pronto a fare il suo ritorno nella massima serie. Investimenti importanti e un progetto lungimirante hanno permesso al club normanno di costruire, a partire dalle fondamenta, una squadra in grado di dominare il campionato cadetto. Nonostante le deludenti stagioni passate della prima squadra, il settore giovanile del Le Havre, uno dei migliori del Paese, ha ricordato al mondo l’importanza di questa realtà sportiva, che nel corso degli anni ha lanciato una lunga serie di talenti. Una filosofia diventata un punto di riferimento per la qualità della formazione dei giovani.

Le origini dell’accademia del Le Havre

Oggi quasi tutte le squadre che competono in Ligue 1 vantano un buon settore giovanile, in grado di assicurare al club giocatori talentuosi e, in caso di rivendita, fondi importanti per le casse societarie. Grazie alle possibilità economiche a disposizione, i principali club francesi, possiedono centri sportivi all’avanguardia e soprattutto team di scouting addetti alla scoperta e al reclutamento di giocatori in tutto il paese. Questa concorrenza ‘spietata’, rende ancora più speciale il percorso che ha portato il ‘piccolo’ Le Havre a dominare il panorama giovanile francese.

Tra le mura del ‘Centre de formation du Havre’ sono infatti transitati futuri campioni del mondo e alcuni tra i giocatori più importanti del panorama calcistico mondiale. Paul Pogba, Riyad Mahrez, Dimitry Payet, Lassana Diarra, Steve Mandanda e i tre Mendy sono le scoperte che hanno portato prestigio al centro di formazione, pure senza passare dalla prima squadra.

La società è nata nel 1894 in seguito all’esplosione della passione per il calcio, portato in Francia dagli inglesi. I colori sociali (chiamati notoriamente ciel et marine) sono il celeste ed il blu e rappresentano un riconoscimento nei confronti delle due Università più prestigiose di Inghilterra: Oxford(blu) e Cambridge (celeste). Il club della Normandia ha fondato la sua accademia nel 1983 e vinto il primo titolo giovanile nel 1989. Da allora la società ha continuato la propria tradizione e negli anni ha formato giocatori in grado di dominare la scena europea e mondiale.

Il centro di formazione del Le Havre è da sempre riconosciuto come uno dei migliori in patria. Per dare una seconda giovinezza al ‘Cavée Verte’, la società, aiutata dalle istituzioni locali, ha stanziato più di 3 milioni di euro da investire per il miglioramento delle strutture giovanili. Convitto, sale pesi, campi curati e un centro medico all’avanguardia; oggi i giovani calciatori del Le Havre hanno a disposizione strutture di alto livello. Anche il centro sportivo della prima squadra, nel 2019, è stato spostato in una zona adiacente allo Stade Océane. Fiore all’occhiello della società, è una risposta audace e innovativa alle sfide dello sport, dell’intrattenimento e della cultura. È il più grande stadio della Normandia con 25.000 posti a sedere, ed è anche il primo stadio a produrre energia positiva in Francia.

L’identità del vivaio

A capo del vivaio del Le Havre c’è, dal 2005, Michael Bunel, ex insegnante di inglese in Francia. Si occupa della supervisione di tutti gli aspetti legati al settore giovanile. Il requisito base per entrare a far parte dell’accademia è la qualità. Da questo aspetto, prettamente tecnico, viene sviluppato tutto il resto; le capacità fisiche e prestative vengono migliorate tramite l’allenamento. Il lavoro ‘speciale’ a cui sono sottoposti tutti i giovani talenti del club, riguarda le capacità mentali: concentrazione, analisi situazionale e decisioni prese. È la parte più difficile del processo, perché si deve lavorare sul carattere del calciatore, ma è anche quella in grado di fare la differenza. La concentrazione di un giocatore, la voglia di sacrificarsi per la squadra, l’altruismo, sono doti che vanno oltre le qualità tecniche.

«La nostra filosofia si basa principalmente sullo sviluppo dell’intelligenza dei giocatori. I migliori, hanno questa capacità di analizzare ciò che accade intorno a loro e di fare la scelta giusta, indipendentemente dal momento, dall’allenatore o dallo stile di gioco. Vogliamo giocatori che combinino l’intelligenza con le loro qualità tecniche».

Come per la maggior parte dei club in Europa, la tecnologia è essenziale anche per il Le Havre. Gli strumenti tecnologici a disposizione dei tecnici, possono aiutare i giovani a capire meglio il gioco, attraverso dati e analisi video. «Il video è un ottimo strumento per analizzare, per mostrare al giocatore cosa succede, cosa ha fatto o avrebbe dovuto fare» spiega Bunel. Aiuta a trovare soluzioni e inizia a far riflettere i più giovani, in maniera razionale, sulle loro prestazioni. I video vengono combinati con i dati ottenuti grazie ai GPS, per offrire una panoramica completa delle prestazioni individuali. Così i ragazzi possono analizzare sé stessi e ogni lunedì è previsto un incontro di 15 minuti tra tecnici e singoli giocatori. «Non abbiamo i soldi per avere molta tecnologia, ma siamo in grado di trovare il giusto equilibrio tra ciò di cui abbiamo bisogno e ciò che realmente abbiamo. La cosa più importante per noi è essere efficienti».

Le regole dello scouting ‘regionale’

Il reclutamento giovanile del Le Havre potremmo definirlo uno ‘scouting regionale’. Dai 6 ai 12 anni, di solito vengono presi giocatori locali, che vengono dalla città, a non più di 40 km di distanza. Il club inizia a reclutare i propri giovani, fuori regione, a partire da 13 anni. Questa è ritenuta l’età giusta per iniziare una vita lontano dalle proprie famiglie. Mahrez è il simbolo della flessibilità di reclutamento del settore giovanile del club. Il criterio principale è la distanza, che non deve essere superiore alle due ore di auto, che per la Normandia significa arrivare al massimo fino a Parigi. Viene però anche presa in considerazione la maturità del ragazzo, e proprio in questa categoria è rientrato Mahrez, cresciuto in un sobborgo a nord di Parigi a circa tre ore d’auto da Le Havre, ma ritenuto maturo e indipendente da poter gestire la distanza e i periodi di lontananza da casa.

«Nella nostra accademia, abbiamo un dormitorio dove possiamo ospitare i giocatori durante la stagione. Raramente reclutiamo giocatori che vivono a più di due ore di distanza, perché è importante che il bambino mantenga il legame con la propria famiglia. Puoi essere un buon allenatore, ma non potrai mai sostituire un genitore. Due ore sono un buon compromesso per il bambino per concentrarsi sul calcio, l’educazione e il rapporto con la propria famiglia». Se un giocatore non si comporta bene a scuola, non viene impiegato nelle partite ufficiali: questo approccio rigoroso assicura che i giocatori mantengano i piedi per terra. In Francia, far parte di un settore giovanile professionistico significa studiare e allenarsi.

Dal 2015 il Le Havre è di proprietà dell’imprenditore americano David Volpe, che ha fissato il ritorno in Ligue 1 come obiettivo primario del club. Con quest’ultimo ormai praticamente consolidato, il club può concentrarsi e godersi i successi dei suoi ragazzi. Quello che il club normanno, con le esigue risorse, è riuscito a costruire è qualcosa di unico che riempie d’orgoglio chi lavora giornalmente per mantenere quella del Le Havre tra le migliori accademie d’Europa.