«Demiral può giocare con me?». Alle origini di Leao: «Quando si dimenticò il passaporto…»

by Francesco Pietrella

Nocche che bussano alla porta. Un filo di timidezza nel varcare la soglia. Tono timido.«Mister…». «Dimmi Rafael». «Ha visto quel centrale nuovo, vero?». «Certo». «Beh, ecco, come dire… mi sta massacrando. Può metterlo in squadra con me?». Il Leao di oggi nasce così, da una richiesta strana, infastidito dai lividi sui polpacci e speranzoso di risolvere un problema.

Marcatura stretta

Contesto: Rafael ha 17 anni ed è la stellina dello Sporting Lisbona. Tiago Fernandes, mentore in segreto, allenatore davanti agli altri, lo chiama ‘Leone’ perché quando si scatena non lo tieni più. Rafael è un po’ svogliato, si impegna al 60%, si trattiene un po’, così Tiago ha la grande idea di mettergli alle calcagna il nuovo difensore appena arrivato dall’Alcanenense, squadra portoghese di quarta serie. Si chiama Merih Demiral. «Lo schierai subito a uomo su Leao», ci racconta. «Gli dissi di marcarlo stretto come lui sa fare e di svegliarlo un po’. Rafael era il giocatore più forte della squadra, ma anche un po’ svogliato. Lo spronavo a non mollare, di lavorare sulla fase difensiva e di riguardarsi sempre in video dopo gli allenamenti. A volte lo faceva, altre no». Ora ha scacciato via la nomea di discontinuo: 9 gol e 6 assist in 26 partite.

Come il primo Titì

Demiral lo martella così tanto che il portoghese non ci sta. Bussa alla porta del mister e lo prega di schierarlo in squadra con lui. No secco: «Sarebbe migliorato solo così, tackle duri e marcatura stretta». Aveva ragione: tempo un anno e Leao debutta con lo Sporting. Il bello è che da ragazzino l’avevano scartato. «Aveva 15 anni, non era aggressivo, quindi era stato depennato dalla squadra per l’anno successivo». Tiago ci crede però, non lo molla: «Lo presi da parte e gli dissi semplicemente di ascoltarmi. ‘Lavora sugli atteggiamenti, sulla testa’.  Per un po’ l’ho ospitato anche a casa mia, in modo da farlo stare proprio a Lisbona. La prima volta che l’ho visto aveva 12 anni. Partitella 8 contro 8, prende palla sulla sinistra, salta 4 giocatori e fa gol. ‘Questo è un fenomeno, da dove è uscito fuori?’. Mi ha sempre ricordato il primo Henry». L’ha ribadito anche Pioli tempo fa. Tiago è stato a Milano a gennaio 2020 per parlare proprio con l’allenatore rossonero: «Gli ho detto che per me Rafael è un 9, un centravanti. Può seguire la metamorfosi di Titì, partito esterno e diventato punta». 

Maledetto passaporto

Aneddoti sparsi. La miglior partita di Leao è uno Sporting-Juve 4-1, Youth League 2017-18: «Doppietta, assist e rigore procurato. A fine partita Nedved mi fece i complimenti e chiese info su Rafael. Segnò anche al ritorno». Anni prima lo fece impazzire in aeroporto però, prima di un torneo giocato in Sud Africa: «Si era dimenticato il passaporto!». Oggi lo racconta col sorriso, ma al tempo gliene disse di tutti i colori: «Avrei voluto tirargli due schiaffi. È rimasto un giorno lì da solo. Quando ci raggiunse gli spiegai che certe cose non si fanno. Gli voglio bene, davvero, ma quella notte non ho chiuso occhio». Neanche nei giorni successivi: «Alla prima partita del torneo vince il premio di migliore in campo. A distanza di anni mi piace di avergli dato la scossa giusta per crescere». Ciò che sta facendo Pioli, anche se pure lui ha faticato parecchio: «Leao è un fenomeno – dice Tiago – il più forte mai allenato. Deve solo crederci». Pare sia finalmente sceso dalla nuvola.