Dentro il Lecce Primavera: «Conta il valore del giocatore, non cognome o provenienza»

by Lorenzo Cascini
Lecca Primavera

Lecce, seconda metà di luglio. La squadra Primavera si ritrova per iniziare la preparazione e l’allenatore, Federico Coppitelli, inizia il primo discorso dell’anno in inglese. Già, così capiscono tutti. Anche perché i ragazzi vengono da culture differenti e hanno bisogno fin da subito di trovare un punto comune.  Si parte dalla lingua. «Ho cercato fin da subito di unire e dare un’identità. Questo è stato il nostro segreto». Così i giallorossi hanno stravinto il campionato, ma ci arriveremo.

«Conta il valore, non il cognome o la provenienza»

Quattro romeni, due croati, due albanesi, uno sloveno, un ceco e via discorrendo. Lo spogliatoio del Lecce Primavera è un incrocio di lingue e culture. Se il modello si è rivelato vincente il merito è dell’occhio di Pantaleo Corvino, maestro di scouting e ricerca in giro per il mondo. «Quello che fa la differenza è il valore del giocatore, umano e tecnico, il suo passato, la famiglia, non il cognome o la provenienza. Anzi spesso questi ragazzi sono abituati a giocare con ragazzi piu grandi e fanno meno fatica ad ambientarsi». 

Dentro il modello del Lecce Primavera

Il Lecce così ha dominato il campionato primavera, grazie ai 23 gol di Rares Burnete, attaccante romeno classe 2004, alle geometrie di Vulturar e Berisha o alla corsa di Dorgu. «I nomi che si potrebbero fare sono tanti. Perché sono davvero un gruppo di ragazzi straordinari. Penso che già 4 o 5 il prossimo anno saranno portati in prima squadra. Bisogna fare però una riflessione a questo punto. Quando vince una formazione fatta di soli ragazzi stranieri, invece di puntare il dito, perché non ci si interroga un po’ e si cerca di imparare? In Italia tendiamo a minimizzare sempre, tanto è più facile. La realtà è che manca profondità. E la vittoria del Lecce non è altro che la fotografia più chiara di questo ragionamento». 

Per Coppitelli poi, c’è un momento preciso in cui è svoltata la stagione. «Lecce-Milan, noi venivamo da quattro sconfitte e un pareggio. Nonostante giocassimo benissimo non raccoglievamo. Lì abbiamo vinto da squadra. Uno a zero, una partita sporca ma per noi vitale». Prima cartolina estratta dall’album. «Poi c’è il 5-0 alla Roma. Quando vinci così con una squadra così forte capisci di avere le carte in regole per arrivare in fondo in testa». Consapevolezza. Con Burnete che sembra Haaland e infila quattro volte i giallorossi. Altra grande scoperta.

Infine l’ultima fotografia è uno scambio di sguardi. Ravvicinato, tra lui e Chevanton. «Dopo il gol di Corfitzen in semifinale contro il Sassuolo, ci è bastato guardarci per capirci al volo. ‘Lo vinciamo noi’, siamo i più forti». È così è andata. «Ma la nostra è una vittoria che insegna». 

Insegna che il pallone rotola ugualmente a ogni latitudine del mondo e che il talento va riconosciuto estrapolandolo dal contesto in cui si trova. In questo Corvino è un mago. Ha regalato a Coppitelli un gruppo ricco di talento, che andava plasmato, unito e amalgamato. Missione compiuta. Questo il segreto che emerge dalla lezione della Primavera del Lecce campione d’Italia.