«Ma chi me lo fa fare?» – Lettera di un arbitro ai calciatori

by Redazione Cronache

Ma chi me lo fa fare? – Lettera di un arbitro ai calciatori

«Ricordate: l’arbitro è sempre cornuto, sempre.
Ma ricordate anche che, senza arbitro, non si gioca».

Qualche anno fa, quando ancora giocavo in una squadretta locale, il mio mister ci ripeteva questa frase prima di ogni partita. Il significato è chiaro: l’arbitro è un bastardo, un vostro nemico, ma va rispettato.
Il gioco del calcio esiste perché c’è qualcuno che dirige le partite. È quel meccanismo fondamentale senza il quale non si potrebbe giocare a calcio. Ve la immaginate voi una partita senza arbitro? Io no.
Mi ha sempre affascinato il fischietto, tanto che sono diventato arbitro a dicembre 2018, poco dopo aver smesso di giocare. Ho arbitrato l’ultima partita a inizio marzo 2020, una difficile gara di Terza Categoria. Mi manca, tanto. Mi manca correre dietro ad un’azione, fischiare un fallo, redarguire un giocatore. Mi manca svegliarmi la domenica mattina per andare ad arbitrare. Mi manca tutto questo. Ma a volte mi chiedo: ma chi me lo fa fare?

Ma chi me lo fa fare?

È questa la domanda che mi sorge sempre più spontanea. Mi guardo in giro e vedo odio, rabbia, insulti, minacce. I destinatari sono arbitri di qualsiasi categoria: dagli Allievi alla Serie A, nessuno escluso. L’arbitro è diventato il nemico numero uno. Se si vince, è merito della squadra. Se si perde, è colpa dell’arbitro. Sempre, non ci sono altre motivazioni. «Eh però l’arbitro qui poteva agire diversamente», «In quell’occasione… l’arbitro scandaloso», «Se l’arbitro non avesse dato quella rimessa laterale non ci sarebbe stato il calcio d’angolo da cui è scaturito il contropiede che ha portato alla rete».

Ma, scusate, fatemi capire: se un portiere sbaglia, si dice «Vabbè ma ogni tanto ci sta che sbagli». Se un attaccante sbaglia: «Era defilato, stanco, poco lucido». Invece se l’arbitro sbaglia è scarso. Perché? No, davvero, fatemi capire. Un arbitro, secondo i giocatori, non può sbagliare.

Spesso viene dimenticato, ma siamo umani anche noi. Dietro a quel fischietto c’è un ragazzo o una ragazza, un uomo o una donna. Non c’è un robot, non c’è una macchina. C’è un essere umano. C’è un essere umano con delle emozioni, con dei problemi, dei sentimenti e dei pensieri, come qualunque essere umano. E, in quanto tale, può e deve sbagliare. Se non si sbaglia, non si cresce.

Prendete voi il fischietto

Ce l’hai con l’arbitro? Critichi? Perfetto, tieni il fischietto. Vediamo se sei in grado. Vediamo se riesci a stare da solo in un campo da calcio, con attorno 22 persone, più allenatori, dirigenti, sostituti e tifosi. Vediamo se hai le palle di uscire di casa e, da solo, recarti a quel campo dove sai che per due ore prenderai insulti. Dove, qualunque cosa tu faccia, QUALUNQUE, ci sarà qualcuno che ti criticherà. Non ci sarà mai una decisione che mette d’accordo tutti. Mai.

Ve lo assicuro, non è facile. Non è facile fischiare un calcio di rigore. Non è facile espellere un giocatore. Non è facile. Non è facile perché ci sarà sicuramente qualcuno in disaccordo, che ti guarderà, ti parlerà, ti urlerà addosso. Non è facile perché la decisione va presa in pochi decimi di secondo. Immaginate di dover prendere, per novanta minuti, qualche centinaia di decisioni in meno di un secondo (a decisione). Immaginate che magari, al novantesimo, avete già corso una buona decina di chilometri (perché sì, per chi non lo sapesse, gli arbitri sono gli atleti che corrono più chilometri a partita). Ve lo assicuro, puoi essere il più preparato del mondo, ma prendere decisioni in così poco tempo è veramente difficile.

Sapete quando è che un arbitro va veramente in difficoltà? Quando capisce di aver sbagliato. Perché sì, noi sbagliamo. Ma, a differenza vostra, se sbagliamo siamo messi in croce. Provate a pensarci: avete mai sentito qualcuno dire «A parte quell’errore, ha arbitrato magistralmente la gara?». La risposta è semplice: no. Non lo avete sentito e non lo sentirete mai. Mi viene in mente una storia che avevo letto: un professore scrive alla lavagna la tabellina del 9 e, anziché scrivere 90, scrive 91. Tutti gli studenti ridono, perché il professore ha sbagliato. Ma nessuno si concentra sui 9 numeri scritti correttamente, tutti si concentrano sull’unico numero sbagliato. E questo è quello che si fa con gli arbitri. Appena c’è un errore, è un incompetente. E questo è veramente molto grave.

Siamo umani, come voi

Iniziate ad apprezzare l’arbitro, ad applaudirlo quando fa giusto, a fargli un cenno di consenso quando vi ammonisce se avete interroto una ripartenza pericolosa. Iniziate a parlargli, anziché sbraitargli in faccia. Se sbaglia ad assegnare una rimessa, giratevi e andatevene. L’arbitro può sbagliare, ha sempre sbagliato e continuerà a sbagliare. Ma sbaglia lui come sbagliate voi. Iniziate a stringergli la mano, anziché guardarlo con aria di sfida. Se proprio avete bisogno di sapere perché vi ha dato quel cartellino giallo, andate lì e chiedeteglielo con educazione: surprise, vi risponderà.
Quando fa l’appello, ringraziate. Perché, se non lo avete capito, senza l’arbitro non si gioca.