Luca Caldirola si è ripreso quel che gli spettava

by Lorenzo Cascini
Caldirola

Chi lo conosce da sempre se lo ricorda in curva da piccolino, alto poco più di un metro e quaranta, con una bandiera del Monza in mano e la passione di chi sta andando a tifare la sua squadra del cuore. Lui che è nato a Desio, brianzolo doc. Luca Caldirola, difensore centrale che oggi ha 32 anni, è cresciuto così, pallone in testa fin dalla nascita. La stessa testa con cui sabato sera ha punito l’Inter a San Siro, proprio con la maglia del suo Monza. Quello che andava a tifare da bambino. Tra l’altro l’ha fatto in un altro stadio che definisce ‘suo’ dopo 12 anni di settore giovanile nerazzurro. Realizzati con l’esordio con l’Inter nel novembre del 2011, al 44′ di una notte di Champions contro il Cska, e poi elevati all’ennesima potenza sabato con una zuccata che gli ha spalancato le porte al paradiso. Sempre con un grande e doveroso grazie al destino. 

«Ti vedrei bene in difesa, proviamo»

Caldirola è uno di quei ragazzi nati per stare in movimento costante. Molte passioni, tantissimi interessi. Anche fuori dal calcio. La prima è stata la pittura. «Mi sarebbe piaciuto fare l’architetto, mia mamma pensava che avrei preso quella strada lì». Invece il richiamo del pallone è troppo forte. Suo padre lo porta al campo per la prima volta a 6 anni ed è amore a prima vista. Poi lo stadio, la curva e infine l’Inter. Appena arrivato ad Appiano vive un dilemma sul ruolo, merito di un allenatore testardo con il guizzo giusto. «Ti vedrei bene in difesa, proviamo». Ma come? Faceva l’attaccante e si sentiva un nove a tutti gli effetti. Arretra a testa bassa, senza essere convinto. Da lì non si è più mosso, fino a diventare capitano qualche anno dopo. Leader al centro della difesa e in testa al gruppo. Ancora oggi è così, quindici anni dopo.

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Caldirola, gli anni in Germania e il ritorno in Italia

Dall’Inter al Monza, in mezzo tanta vita. L’esordio in Champions, l’esperienza in Germania e poi il ritorno in Italia, per dimostrare di essere ancora un giocatore in grado di dire la sua. «Dopo sette anni al Werder hanno smesso di considerarmi» aveva raccontato quindi la scelta di ripartire da Benevento. L’estero lo ha formato, plasmato negli atteggiamenti e nel carattere. Chi lo ha allenato lo racconta come uno che parlava poco, ma che quando lo faceva aveva occhi e orecchie fisse su di lui. Non serve urlare, a volte basta uno sguardo. Nei momenti difficili emerge il leader, aperto al confronto con tutti e attento alle dinamiche psicologiche del gruppo, ancor prima di quelle tecniche o di campo.

Poi nell’estate del 2021 arriva la chiamata di Galliani, il Monza e quindi la promozione. Caldirola è tornato a sentirsi importante e al centro di un progetto che punta in alto. Oggi in biancorosso ha ritrovato il sorriso e la Serie A, togliendosi anche qualche bella soddisfazione. Usando la testa, ancora una volta.

Vini e Football manager

In futuro gli piacerebbe fare l’allenatore. Lo ha ammesso più volte, senza nascondersi, e magari tra qualche anno lo vedremo iscriversi al corso di Coverciano. Anche se per il momento è presto. Per adesso – in  attesa di viverlo in prima persona in panchina – Luca si limita ad allenare online, da anni, grazie a Football Manager. Scoprire, valorizzare e vincere. «Ho giocato anche con il Monza, ma non avevo mai raggiunto un traguardo come quello di stasera». Meglio la realtà dunque, realizzata grazie a un inserimento in area a poco più di 10’ dalla fine. Già all’andata contro i nerazzurri ci era andato vicino, la toccò lui ma la Lega assegnò autogol a Dumfries, al ritorno invece ha completato l’opera e chiuso un cerchio. Di quelli che, visti i trascorsi, valgono di più.

Poi ci sono i vini. Grande passione da sempre, ora si è addirittura iscritto a un corso da sommelier. Anche lì studia, apprende, si informa. Come in campo. Nel post partita dagli studi di Sky Sport gli hanno chiesto che vino berrebbe a cena con Palladino. «Lo conosco da troppo poco, tra qualche anno potrò rispondere». Mai banale. Attento ai rapporti umani come agli attaccanti quando guida la difesa. Vigile. Da allenatore dovrà imparare a farlo dalla linea laterale e non più dalle retrovie. Intanto ha vissuto una di quelle notti che ti porti dentro per tutta la vita, in cui la realtà supera fantasia e videogiochi. Forse bastava solo aprire gli occhi.