Marco Mancosu, tutto il coraggio di un capitano

by Redazione Cronache

di Andrea Sperti 

La vita è una continua sorpresa. Non sempre tutto va come vorremmo ed a volte, alcune notizie, ci lasciano senza fiato. C’è solo un modo, però, per vivere il presente senza paura: affrontarlo.

La confessione

Marco Mancosu, capitano e leader del Lecce, ieri ha confessato, attraverso un lungo post sul proprio profilo Instagram, di aver subito un’operazione lo scorso 26 marzo a causa di un tumore. Lo ha detto dopo più di un mese, quando si è sentito pronto per renderlo noto e quando forse la consapevolezza di ciò che ha vissuto ha preso il sopravvento sulla paura, compagna fedele in queste occasioni. Marco si è comportato ancora una volta da capitano, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno. Non ha chiesto compassione o aiuto, ma ha trovato in sé stesso e nella sua famiglia il coraggio di affrontare quel mostro, sconfiggendolo come un qualsiasi avversario in campo.

Leggendo il suo toccante messaggio si può capire tutto quello che ha passato in questi lunghi mesi e quanto la passione per il calcio e l’attaccamento alla maglia che indossa abbiano fatto la differenza nella sua voglia di tornare subito in campo. I medici non gli avevano dato speranze ed anzi gli hanno consigliato di svolgere la chemio per scongiurare ogni pericolo, ma lui no, lui ha deciso di aspettare perché adesso ciò che conta è ricominciare a prendere a calci quel pallone, finire il campionato e provare a portare il Lecce in Serie  A, al resto si pensa dopo.

«Mi sono operato il 26 Marzo. Di tumore. Ho visto un mondo che non avrei mai pensato di conoscere, ho visto il terrore negli occhi delle persone che amo, ho visto il terrore e la preoccupazione di mia moglie che per lo stesso motivo ha perso il padre quest’estate, ho avuto la paura di non poter crescere mia figlia, ho fatto esami nei migliori centri italiani, con affianco gente che ad oggi non so nemmeno se sia viva, se sia riuscita a superare la propria malattia. Là, in quella sala d’aspetto non ci sono ragioni sociali, non conta se sei un avvocato, un calciatore, un presidente o un normalissimo impiegato, là siamo tutti uguali, tutti alle prese con qualcosa che non possiamo controllare. I medici mi hanno detto che la mia stagione era finita e che dovevo pensare all’anno prossimo, dopo due settimane ero in campo a correre. Dopo un mese sarei dovuto tornare a Milano per sapere se dovessi fare la chemio o meno, non ci sono ancora andato perché voglio fare la cosa che amo di più al mondo, giocare a calcio, poi si vedrà a fine campionato. Io ho già vinto.
La vita può non essere sempre giusta perché non penso che né io né nessun altro a questo mondo meriti di avere un tumore ma penso anche che non debba mai mancare il coraggio, il coraggio di affrontare ogni tipo di avversità che la vita ci mette davanti, il coraggio di prendersi responsabilità, il coraggio di mostrarsi deboli ed essere più forti di quanto si creda. Questo per me significa essere UOMO e sinceramente, credetemi, di tutti gli errori che faccio, di un rigore alto o di un errore davanti al portiere, di queste cose non me ne frega un cazzo perché sono cose che succedono solo a chi si prende la responsabilità di fare, di avere coraggio, di provare, di sbagliare e riprovare ancora.
Ho deciso di parlarne solo ora perché prima non mi sentivo pronto, avevo bisogno di viverla in riservatezza con le persone che amo e per questo mi voglio scusare con chi ho mentito per nascondere il reale motivo del mio problema.
Mi sono operato il 26 Marzo e da quel giorno sono ancora più orgoglioso di me stesso e di chi ho affianco».

Marco Mancosu

Mesi difficili

Un messaggio lungo, improvviso, che ha gelato il sangue a tutti, anche a chi non conosce personalmente Marco, perché le brutte notizie avvicinano le persone molto più di quelle buone. Di sicuro negli ultimi mesi Mancosu non era più lui, sia fisicamente che dal punto di vista della leadership in campo. Era più magro, con gli occhi spenti, con lo sguardo perso nel vuoto, con chissà quali pensieri, paure dentro. In molti lo hanno criticato, i mugugni sono arrivati anche dopo l’errore sotto porta contro il Monza, ma nessuno poteva immaginare che l’8 giallorosso stesse conducendo la sua vera battaglia fuori dal rettangolo verde, contro l’avversario più temibile di tutti.

Mancosu è abituato a lottare. Lo ha fatto sempre nella sua carriera, nonostante gli inizi sembrassero quelli di un predestinato. Lui, amante della sua Sardegna e tifoso del Cagliari, ha bagnato con un gol il suo esordio in Serie A con la maglia rossoblù ma, dopo quella rete, ha iniziato a girovagare in lungo e largo per l’Italia, alla ricerca della piazza giusta che potesse esaltarlo. Tempo fa, durante un’intervista, ha dichiarato che ad Empoli ha pensato anche di smettere di giocare a calcio, probabilmente non si sentiva all’altezza ma il tempo gli ha dimostrato che si sbagliava di grosso.

L’obiettivo Serie A

A Lecce ha trovato un’oasi felice, il suo posto nel mondo, quello nel quale esprimersi come mai in carriera. Con i giallorossi ha vissuto la scalata dalla C alla A ed in massima serie ha portato con fierezza la fascia di capitano della formazione salentina, segnando gol e rigori pesanti in giro per l’Italia. Indimenticabile soprattutto la sua punizione contro il Napoli. Una botta da oltre 30 metri nel regno di Maradona, un tiro che ha colpito il palo e si è insaccato alle spalle dell’incolpevole Ospina.

Adesso Mancosu deve pensare alla sua salute, a sconfiggere definitivamente questo avversario ed a tornare nuovamente a sorridere, spensierato e felice. Intanto, però, il 1° maggio è sceso in campo nel match contro il Cittadella ed anche nella trasferta di Monza ha giocato 45 minuti di buon livello. Sembra strano ma questa è la forza del calcio. Se lo ami così tanto questo sport ti aiuta a non pensare al resto per 95 minuti ed in un momento del genere questa è l’unica cosa di cui ha bisogno il capitano dei salentini. Alla fine del campionato mancano 2 partite, sebbene il Lecce potrebbe dover disputare i play off per raggiungere la Serie A. Marco la sua scelta l’ha fatta e difficilmente la cambierà: prima il campo, dopo il resto, anche perché ora nulla fa più paura.