«Abbiamo riunito un Paese intero: questa è stata la soddisfazione più grande di EURO 2024». Più dei due gol, entrambi decisivi, più delle gioie personali e di un torneo giocato ad alti livelli. Il primo pensiero di Răzvan Marin, protagonista assoluta nella sua Romania a EURO 2024, va al suo popolo. E non potrebbe essere altrimenti.
Un pallone da 100 kg
La Romania non superava la fase a gironi di un grande torneo da EURO 2000, quando nei quarti fu eliminata proprio dalla nostra Italia. 24 anni dopo Marin e i suoi compagni hanno riscritto la storia del loro Paese. Sono usciti agli ottavi, perdendo 3-0 contro l’Olanda. Un ko che brucia, ma che ha dato tanta consapevolezza ad un movimento intero, cresciuto negli ultimi anni: «Un po’ di rammarico forse ce l’ho: abbiamo giocato molto bene i primi 20’ contro l’Olanda. Sentivamo di poter vincere. Poi è arrivato il momento di Gakpo. E la qualità fa sempre la differenza. Non so cosa sia mancato negli ultimi anni: EURO 2016 era stato il nostro ultimo torneo. 8 anni di assenza sono stati troppi. Siamo sempre arrivati vicini all’obiettivo, ma sul più bello perdevamo quel paio di partite che ci costavano la qualificazione».
A EURO 2024 Marin è stato uno dei trascinatori della sua Romania. Gol all’esordio nel 3-0 all’Ucraina e rigore realizzato contro la Slovacchia, decisivo per il passaggio agli ottavi ottenuto grazie al 1° posto nel girone: «Sentivo il peso di essere uno dei trascinatori della mia Nazionale. Di solito non sono uno che soffre la pressione, anzi mi piace. Ma contro la Slovacchia… quel pallone pesava 100 kg. Mi tremavano le gambe. Sapevo di essere il primo rigorista e avevo studiato i movimenti di Dubravka. Ma quando sei lì, senti sulle spalle il peso di un Paese intero. Pensavo ai 20 milioni di romeni che mi stavano dietro. Dovevo segnare per loro». E Răzvan non ha sbagliato.
Aveva già segnato contro l’Ucraina, al debutto: «È stata un’emozione incredibile: non sapevo come esultare. Ho corso come un matto. Quando segni, da centrocampista, è sempre un qualcosa in più: fare un gol in un torneo del genere significa rimanere nella storia del calcio del tuo Paese. Ho ancora i brividi».
«Con noi la gente è tornata a festeggiare in strada: ora si vedono tutti già in America»
Negli anni ’90 il calcio romeno aveva dato segnali di grande crescita. Nel ’94 la Nazionale aveva raggiunto addirittura i quarti della Coppa del Mondo, superando anche l’Argentina. Nel ’98 era arrivata agli ottavi, mentre a EURO 2000 si era spinta fino ai quarti. La generazione d’oro di Gheorghe Hagi & Co aveva tracciato un sentiero, poi smarrito. Negli ultimi 20 anni, solo 3 Europei a intervalli regolari: 2008, 2016, 2024. In mezzo sempre 8 anni di vuoto: «A dire il vero non so cosa sia mancato. È passato troppo tempo dall’ultimo Mondiale: io non ricordo nulla, avevo appena 2 anni. Ho visto solo qualche highlights su YouTube, ma dopo EURO 2024 il nostro obiettivo è chiaro: centrare la qualificazione al Mondiale per dare anche un segnale di continuità al nostro calcio».
Negli ultimi anni il movimento calcistico nel Paese è in crescita e la generazione di Marin ne è la più concreta dimostrazione: «Mai come ora ci sentiamo forti. Possiamo farcela: un Europeo del genere dà tanta fiducia. La cosa più bella è che la gente grazie a noi sia tornata a festeggiare in strada. Mi rende orgoglioso: abbiamo riunito un Paese. Il nostro popolo è molto caldo, ora si vede già in America… ma calma. La strada è lunga. Quando siamo rientrati in Romania, c’erano circa 400 tifosi ad aspettarci. Tantissimi bambini. E quando vedi queste cose significa che hai fatto qualcosa di importante per la tua gente. E non c’è cosa più bella».
«Non dico che avremmo battuto quest’Italia, però…»
Se l’Europeo della Romania è stato fra i migliori almeno nella storia recente del Paese, lo stesso non si può di certo dire per l’Italia, eliminata agli ottavi dalla Svizzera. Parlando con Răzvan, la domanda è venuta in automatico: «Ma questa Romania ci avrebbe battuto?». Lui, sincero: «Non lo so, non dico che vi avremmo battuti ma ce la saremmo giocata. Facciamo un 60-40% per l’Italia. Ho visto le partite degli Azzurri, forse è mancato qualcosa a livello di gruppo, che invece era stato la chiave per vincere EURO 2021. E lo stesso è successo a noi».
Nella Romania di Iordănescu si respirava un clima familiare, d’amicizia e forse questo è stato il vero segreto: «Il più grande merito del mister è stato quello di aver compattato il gruppo. Ci ha spinti a remare tutti nella stessa direzione. E poi il modo in cui analizza gli avversari è devastante: riuscivamo a sapere tutti i piccoli dettagli, nonostante il poco tempo a disposizione. Anche per il ct e lo staff era una sfida. Quando abbiamo visto il girone in cui eravamo, ci siamo detti: ‘L’obiettivo è arrivare almeno agli ottavi’. Abbiamo chiuso il gruppo al 1° posto, anche con un po’ di fortuna. Ma eravamo sicuri di poter passare il turno, nonostante là fuori molti dicessero che saremmo arrivati ultimi. Eravamo molto motivati anche perché era passato troppo tempo dall’ultima volta in cui la Romania aveva superato la fase a gironi».
Dagli allenamenti con Hagi alle partite di Chivu e Mutu: Răzvan ora sogna
Marin è arrivato in Italia a 24 anni. Un’intuizione del Cagliari che lo ha preso dall’Ajax, con cui aveva giocato in prima squadra per una stagione senza trovare troppo spazio. Il calcio, però, è stato sempre l’unica ragione di vita. E se il tuo allenatore è la leggenda per eccellenza del tuo Paese non può essere altrimenti: «Ho iniziato a giocare quando avevo 6 anni e a 13 mi sono trasferito nell’Accademia di Hagi. È stato il mio allenatore: in pochi possono dire di avere avuto quest’opportunità. Per tutti noi romeni è un idolo. Ci parlava tantissimo e tu eri lì, zitto, senza dire nulla, solo ad ascoltarlo».
Da quelle parti Hagi è più di un calciatore, quasi un eroe nazionale: «Io e i miei compagni ci siamo goduti poco la Generazione d’oro. Alcuni di noi non erano neanche nati. Ho imparato molto da mio padre, arrivato a giocare anche la Champions con lo Steaua Bucarest, e poi da Mutu e Chivu: giocavano in Champions League nei top club. Un sogno. Quello è il mio obiettivo. So che posso fare di più e l’Europeo giocato in questo modo mi ha confermato il mio valore».
«In Germania è cambiato tutto. Chi mi ha colpito di più? Drăgușin, mamma mia»
Ultimi giorni di vacanza e poi Marin tornerà al Cagliari, dove ritroverà Nicola con cui ha salvato l’Empoli nell’ultima giornata della passata stagione. Sicuramente da EURO 2024 Răzvan esce più consapevole e determinato. L’Italia lo ha aiutato ad affermarsi e a centrare risultati importanti anche per il suo Paese. La sua è la storia di molti: la Romania è una Nazionale che ‘parla’ italiano. Marin del Pisa, Pușcaș, Drăgușin, Man e Mihăilă: in tanti giocano o sono passati nei nostri campionati: «Sentivo il peso di essere uno dei trascinatori della Romania all’Europeo. Dopo alcune stagioni in Italia, non poteva essere altrimenti. Sono riuscito ad arrivare in buona forma e a mantenere un livello sempre alto. Quello che mi ha sorpreso di più però è stato Dragusin: lo conoscevo già, ci eravamo parlati quando ci siamo incrociati sui campi di Serie A, ma ora è in un momento incredibile. È al Tottenham, ha lavorato tanto per arrivarci. E quando sei in fiducia e tutto ti va per il meglio, diventi veramente forte. Lui e Man erano in grande forma».
C’era la voglia e l’ambizione di scrivere una pagina di storia per il calcio romeno. E ci sono riusciti. Ci credevano, ma forse non se l’aspettavano: «Siamo stati per due settimane in ritiro in Romania. C’era grande determinazione, ma non si sentiva tensione. Una volta che siamo arrivati in Germania è cambiato tutto. Appena entrati nell’hotel, ho iniziato a sentire adrenalina, ansia, emozione, responsabilità. Non vedevo l’ora di giocare la prima partita». Ed è andata molto bene. Ora si punta al Mondiale 2026, la Romania è tornata a fare sul serio.