Martegani raccontato dal padre: «Da piccolo era portiere, ma tirò un calcio all’allenatore»

by Mattia Zupo
Agustin Martegani

Minuto 52 di Salernitana-Udinese. Paulo Sousa lo richiama dalla panchina, lo catechizza e gli dà due pacche sulla schiena prima di effettuare il cambio con Bohinen. L’esordio in Serie A di Agustin Martegani dice 14 passaggi riusciti, di cui uno nell’azione del gol di Dia e un altro per il raddoppio sfiorato da Candreva. Una prima volta che sarebbe potuta essere coronata dal gol, se non fosse per il volo di Silvestri che gli ha negato la gioia personale. «Io l’ho vissuto in maniera molto nervosa, ma Agustin l’ho visto molto sereno. Quando è così felice diventa quel giocatore che si rende pericoloso sulla trequarti. Al fischio finale poi l’ho chiamato e mi sono congratulato con lui: era contento. Eravamo io e mio padre a vedere la partita, e lui si è emozionato tanto, forse troppo. Noi abbiamo giocato insieme in Prima Squadra in un club di Colón, provincia di Buenos Aires: io fino a 35 anni, lui fino a 48, e vedere suo nipote in Serie A lo ha fatto emozionare davvero molto», così Ramón a Cronachedispogliatoio.it, il padre del nuovo numero 7 granata che ha deliziato il pubblico dell’Arechi con tocchi di suola, di tacco e filtranti nel pareggio contro l’Udinese.

Martegani padre figlio

Gli inizi tra i pali, l’aneddoto sui rigori e Messi

Dopo quasi 2 settimane in Italia ad aspettare il passaporto italiano e i documenti firmati dal San Lorenzo, il classe 2000 è arrivato a Salerno con la formula del prestito a 400mila euro con opzione di riscatto fissata a 4,5. «L’allenatore del San Lorenzo, Insua sta facendo una stagione spettacolare, ma Agustin non era il giocatore di sacrificio che voleva lui. Non credo ci sia mai stato feeling tra di loro. Mio figlio però è un giocatore di istinto: rende molto di più con uno stile di gioco propositivo e offensivo. A Sousa piace il possesso palla e pressare in avanti, e lui si è reso subito protagonista», racconta il padre, che poi ripensa all’infanzia di Agustin a Rojas. «Da bambino giocava a basket di mattina e a calcio di pomeriggio. Io e mia moglie Marina ci separammo e lui rimase con lei. L’unica discussione che ho avuto con la madre è stata quando all’età di 10 anni, Agustin voleva andare alla Fundacion Messi a Rosario e io dicevo che era troppo piccolo, ma lui insisteva perché voleva diventare un calciatore». Idee chiare, anche se qualche anno prima avrebbe voluto smettere. «Alla scuola calcio giocava in porta e ricordo che a fine allenamento stavano battendo i rigori. Alla fine voleva tirarne uno anche lui e l’allenatore gli rispose che i portieri non calciano i rigori. Allora, Agustin gli tirò un calcio. Dopo quell’episodio sono trascorsi 2-3 mesi che non voleva più giocare a calcio e pretendeva le scuse del ragazzo che gli faceva da allenatore, che per lui era come un fratello visto che lo aveva ospitato diverse volte a casa».

All’età di 11 anni, Agustin ha lasciato per la prima volta la casa di mamma Marina e dei suoi 2 fratelli per trasferirsi a Rosario. Dopo 2 anni, l’attuale allenatore dei brasiliani del Fortaleza, Pablo Vojvoda lo chiamò per entrare nel settore giovanile del Newell’s. «Finché c’è stato Vojvoda tutto bene, poi lui passò ad allenare la Reserva e Agustin iniziò a giocare con la seconda squadra e poi venne ceduto in prestito per un anno all’Argentinos de Rojas, club della sua città. Dopo una stagione, l’Argentinos de Rojas aveva chiesto il cartellino al Newell’s, che rifiutò 10 giorni dopo la chiusura del mercato dilettantistico e quindi rimase all’Argentinos. 3 mesi dopo è passato al San Lorenzo grazie al mio amico Fernando Ovelar».

Al Ciclón è rimasto una settimana in prova, prima di essere tesserato. «A 18 anni ha debuttato in Prima Squadra, poi ha avuto un calo di rendimento. Paolo Montero gli ha ridato fiducia e Troglio lo ha fatto esplodere». Ma durante la pandemia sarebbe potuto finire a Cancún. Non per una vacanza, ma per giocare nella seconda divisione messicana. «Ovelar era andato ad allenare lì e lo chiamò perché non stava giocando al San Lorenzo. lo voleva prendere in prestito con diritto, ma Agustin è risultato positivo al Covid e si è negativizzato dopo la chiusura del mercato». La più classica delle sliding doors. Martegani ha collezionato 4 gol in 65 presenze con la maglia del San Lorenzo, impreziosite dalla convocazione con l’Argentina Sub-20 e come sparring di quella maggiore. «La nazionale argentina è stata il massimo per lui. Si allenava al fianco di Messi e mi ha raccontato che Aguero gli dava dei consigli». Conclude orgoglioso Ramon, che dopo le tante maglie azulgrana ricevute in questi anni attende la 7 granata.