Chi è Maurizio Micheli, il capo dell’area scounting del Napoli pronto a prendere il posto di Giuntoli

by Lorenzo Cascini
Micheli Napoli direttore sportivo

Se si cerca il suo nome su internet si trova poco o nulla, non ci sono interviste o account social. Se non un profilo LinkedIn, ma senza foto. Anche pubblicamente non compare quasi mai. Riservatezza e discrezione al potere. Anche se nelle prossime settimane le cose per Maurizio Micheli sembrano destinate a cambiare. 

Già, perché con l’addio di Giuntoli, che strizza l’occhio alla Juve, e che in ogni caso verrà depotenziato da De Laurentiis, sarà lui a prendersi oneri e responsabilità. Non ci saranno vie di mezzo. La sua figura dirigenziale sarà ampliata e gerarchicamente nobilitata e il suo volto acquisirà per forza di cose fattezze note alla gente comune. Ci abitueremo.

Micheli era e probabilmente rimarrà a capo dell’area scouting, resta ancora da capire quando sarà nominato ufficialmente direttore sportivo al posto di Giuntoli. Anche se lo è, in pectore, già da adesso. Ha 54 anni ed è al Napoli dal 2018, dopo essere stato capo degli osservatori dal 2010 al 2015. Dopo una vita dietro le quinte ora avrà la sua occasione da primo violino. 

Micheli, con Spalletti già all’Udinese

Maurizio è uno scout di quelli da zaino in spalla e taccuino, con l’occhio che vince sempre tre set a zero su algoritmi e statistiche. Vecchio stampo, anche se poi Wyscout è sempre a portata di mano. Guarda partite a ciclo continuo, sa tutto di tutti e dove non arriva di persona, studia dal computer. E le intuizioni nascono da lì. Da Anguissa a Kim, colpi scovati tra lo scetticismo generale.

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Micheli è un fido collaboratore di Spalletti, lo conosceva dai tempi dell’Udinese, sa come lavora e insieme hanno sempre condiviso scelte e decisioni. Da trent’anni con lui c’è anche l’avvocato Leonardo Mantovani, con cui alla fine degli anni Novanta portò nel settore dell’osservazione calcistica una metodologia di lavoro assolutamente rivoluzionaria per i tempi: sfruttando un’antenna satellitare, furono i primi a osservare campionati esteri anche non di primissimo piano.

Da Muntari ad Hamsik

A Udine pescò Asamoah Gyan e Muntari, due anni dopo a Brescia pescò un ragazzino esile e timido che di cognome faceva Hamsik e che lo seguirà a Napoli. Anche su Kim e Kvara c’è la sua firma. Il primo lo ha seguito, grazie anche al lavoro della sua rete di scouting, per un anno e mezzo, il secondo invece lo vide giocare quando sulla panchina del Napoli c’era ancora Gattuso. «Questo va preso perché è di un altro pianeta», disse. Ma non c’erano le condizioni per chiudere l’operazione. Dopo lo scoppio della guerra e l’addio del georgiano dal Rubin Kazan, il nome era cerchiato in rosso sul taccuino di Micheli. Da prendere. E infatti ha avuto ragione lui. Così come su Anguissa, analizzato per tanto tempo e scelto come il profilo adatto che potesse inserirsi alla perfezione nello scacchiere di Spalletti. Sia lodato l’occhio dello scout. Tutti acquisti che poi ha chiuso Cristiano Giuntoli, anche lui colpito da tempo da giocatori come Kvara. In questo il Napoli negli ultimi anni è stato una macchina perfetta, con la collaborazione di tutti.

Il lavoro di Micheli non è mai stato solo tecnico. C’è anche sempre stata una forte componente basata sui rapporti umani. Con le famiglie dei ragazzi, studiando l’ambiente da dove vengono e prestando attenzione a ogni dettaglio. Empatia e meticolosità, questo fa la differenza. Qualità imprescindibili per un buon direttore sportivo. Micheli ha dimostrato di averle e adesso è pronto a fare il salto. Con le relazioni umane al primo posto sopra ogni cosa.