Néstor Lorenzo, l’ex Bari che sta guidando la ripartenza della Colombia

by Mattia Zupo
Nestor Lorenzo

33 anni fa finì la finale del Mondiale in lacrime per la sconfitta e con la faccia insanguinata per un colpo di Rudi Völler non ravvisato dall’arbitro messicano Edgardo Codesal. Quella dell’Olimpico contro la Germania resta anche la sua ultima presenza con la nazionale argentina, nonché il punto più alto e più triste della sua carriera. Da lì, il declino: un breve passaggio allo Swindon Town e il ritorno in patria. Adesso, Néstor Lorenzo si è preso la propria rivincita.

Dalle lacrime dell’Olimpico alla gioia di Gelsenkirchen

 

Gli occhi lucidi al triplice fischio e il colore granata della camicia, quasi a voler ricordare il sangue versato nell’ultimo atto di Italia 90’. A Gelsenkirchen, il ct argentino della Colombia ha ottenuto una vittoria che resterà nella storia, e guai a considerarla come un’amichevole. «La giocheremo come se fosse la finale del Mondiale», le sue dichiarazioni alla vigilia in conferenza. Alle parole sono seguiti i fatti. 2-0 in casa della Germania, grazie ai gol di Luis Diaz e Cuadrado. Ottavo risultato utile sulla panchina dei Cafeteros, frutto di 2 pareggi e 6 vittorie, per il 55enne che da ex difensore ha giocato anche nel Bari nella stagione 1989-1900, quella della storica vittoria della Mitropa Cup contro il Genoa al Della Vittoria.

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Da assistente di Pekerman a eroe in Perù

Dopo il ritiro da giocatore è stato per circa 20 anni l’assistente di Pekerman, che lo aveva scoperto da giovane nel vivaio dell’Argentinos Juniors.  Nel 2021, Lorenzo ha avuto la prima esperienza da allenatore con i peruviani del Melgar. Accolto tra lo scetticismo generale, che ha poi saputo trasformare in applausi in pochi mesi. L’allenatore argentino ha portato il Melgar agli ottavi della Copa Sudamericana e ha vinto il Titolo Apertura dopo 8 anni. Un campionato festeggiato mostrando le foto della Vergine di Luján e della Vergine di Chapi di Arequipa che aveva nel quaderno degli appunti, a certificare la sua grande fede religiosa. Ma anche la scaramanzia, visto che nelle partite importanti indossa sempre la camicia granata diventata poi una cabala: «Ho circa 10 camicie identiche. Devo usarle», ha rivelato scherzando dopo il successo contro i tedeschi.

Un anno fa, la federazione colombiana lo ha chiamato per riprendere quel cammino interrotto con l’addio di Pekerman, dopo la mancata qualificazione al Mondiale 2022. «La mia filosofia è rispettare l’essenza del calcio colombiano, il bel gioco e avere una mentalità vincente. Non sentirsi inferiori a nessuno e giocare per vincere. Ovunque», le sue parole nella conferenza stampa di presentazione. Difesa e pressing alto, costruzione partendo dal portiere e tanto gioco sulle fasce, questi alcuni dei suoi concetti, mentre nelle convocazioni sta attuando quel ricambio generazionale necessario con alcuni giovani già protagonisti in Europa come Asprilla del Watford, Duran dell’Aston Villa e Oscar Cortes che dalla prossima stagione giocherà nel Lens. «Vogliamo fare una buona Copa América e qualificarci ai Mondiali attraverso buone qualificazioni. L’obiettivo è vincere ogni partita. Quello che proponiamo è giocare per vincere. Vogliamo vincere la Copa América». Messaggio chiaro. Le amichevoli sono finite, da settembre si inizierà a fare sul serio e la Colombia di Lorenzo vuole tornare protagonista. È nata la Lorenzoneta