Nicolò Tresoldi a Cronache: «Dalla nazionale di tennis alla maglia numero 9 della Germania»

by Giacomo Brunetti

Nicolò è italianissimo. Nato a Cagliari, cresciuto a Gubbio, diventato grande ad Hannover. Come ad Hannover? Ebbene sì, in Germania ci è arrivato a 13 anni, quando la madre è stata chiamata per un lavoro da hostess proprio in Bassa Sassonia. Pochi giorni fa, tra le scartoffie degli uffici in città è arrivata una comunicazione: Nicolò Tresoldi è diventato – anche – tedesco. E mentre nessuna selezione azzurra lo ha mai chiamato – tranne quella di tennis, ma dopo ci arriveremo – in terra teutonica non ci hanno pensato due volte: maglia numero 9 ed esordio nell’Under-19 contro la Spagna. Il 2022, per Nicolò Tresoldi, attaccante classe 2004, è stato quello delle prime volte. A luglio, davanti a 41mila persone in quel di Kaisersalutern, ha mosso i primi passi in Bundesliga 2: «Mi sono accorto di quanta gente ci fosse solo quando, a fine partita, mi sono seduto per realizzare ciò che era successo». 

La prima intervista della sua vita ce l’ha rilasciata a poche ore dalla convocazione in Nazionale, dopo aver perso la coincidenza del treno per tornare a casa: «Un’emozione grandissima. Fin dal primo momento in Germania, 5 anni fa, ci hanno accolto benissimo. Non ce lo aspettavamo, d’altronde da italiani… eppure quando è arrivata l’occasione per venire qui, siamo stati entusiasti. A me e mia sorella intrigava fare un’esperienza all’estero». Da subito, Tresoldi si è trovato a suo agio nel nuovo ambiente, dalla scuola all’accademia calcistica: «Sono fiero di aver potuto esordire».

Nicolò Tresoldi, dalla racchetta ai 100 gol nel settore giovanile

Tutto è partito da Gubbio, dove il padre Emanuele – protagonista nell’Atalanta di Marcello Lippi in Serie A e campione d’Europa con l’Under-21 nel 1994 – ha chiuso la carriera: «Facevo parte di una squadretta dilettantistica, e al tempo stesso giocavo a tennis». Con la racchetta in mano, era un vero e proprio asso: «Ero tra i migliori in Italia e facevo parte della Nazionale U-12, mi allenavo con Luca Nardi, che ora sta scalando la classifica mondiale». Anche da qui, i tentennamenti verso la carriera calcistica, che comunque è rimasta sempre la passione più grande. Prima della Germania, i rifiuti: «In Italia ho fatto tantissimi provini: Milan, Juventus, Bologna, Atalanta, Fiorentina, ma mi hanno sempre scartato alla fine. Vuoi questa cosa del tennis, vuoi che servivano almeno 14 anni per andare in convitto». Nessuno ha voluto puntarci, ma quando è arrivato in Germania, si sono innamorati di lui: «La mia scuola era convenzionata con l’Hannover, così venivano i loro allenatori a vederci e facevamo qualche allenamento. Dopo poco tempo mi hanno proposto un test con la società, e mi hanno tesserato». Mai scelta fu più azzeccata: dal 2017, ha segnato circa 100 gol nelle giovanili, una media di 20 all’anno: «Purtroppo il lockdown mi ha frenato…», scherza Nicolò.

Christoph Dabrowski è l’allenatore delle giovanili che, una volta assegnatagli la Prima Squadra, lo ha subito portato per qualche allenamento con i grandi, nella scorsa stagione. Una crescita esponenziale. Ci è venuto da chiedergli quali punti di forza ha il calcio tedesco rispetto a quello italiano per un giovane: «I convitti e le strutture sono migliori, le accademie sono di un livello molto superiore». Nonostante l’exploit da giovanissimo, in Germania non ha subito alcuna pressione mediatica. E se prima sono stati gli inglesi – in primis, ad esempio, Jadon Sancho – a scegliere la Germania per sbocciare, adesso il trend sta investendo anche gli azzurri: in estate, Filippo Mané è passato dalla Sampdoria al Borussia Dortmund, oppure sempre in seconda divisione tedesca troviamo Fabio Chiarodia, nato vicino Brema e facente parte delle nazionali italiane, che è diventato il più giovane nella storia del Werder. Modelli di crescita oltre le Alpi.

La Germania, appena ha potuto, lo ha convocato: «In questo momento, mi sono sentito di fare questa scelta. Sono molto legato all’Italia e ogni volta che torno è bellissimo. Ci ho vissuto 12 anni. Però in questi 5 anni, qui mi sono sentito a casa. Mi hanno valorizzato come calciatore e questo conta. Già dallo scorso anno, il tecnico dell’U-19 mi ha chiamato per alcuni raduni, sebbene non avessi il passaporto, ed è venuto varie volte ad Hannover per parlarmi». Il suo sogno è «vestire la maglia del Milan. Mi ispiro a Inzaghi, lo vedevo segnare in tv. E poi ci sono anche Luis Suárez ai tempi del Barcellona e Rafa Nadal, guardando al tennis. Ora sono felice qui, ma è chiaro che mi piacerebbe giocare anche in Italia». E quindi lo lasciamo con una provocazione: «Nicolò Tresoldi, se chiudi gli occhi e alzi la coppa del mondo, con quale maglia sogni di farlo?». Ci pensa diversi secondi, davvero combattuto: «Italia, forse». Sorride, perché poche ore fa ha esordito con la Germania, il Paese che gli sta dando tutto, e per ora va bene così.