Odogwu: «Facevo il contabile, a 32 anni sogno col Südtirol»

by Lorenzo Cascini
Odogwu

Se Raphael Odogwu chiude gli occhi e ripensa alla sua vita di qualche anno, rischia addirittura non riconoscersi. Camicia bianca, schiena dritta, computer e numeri dalle 9 alle 18. Altri tempi. «Facevo il contabile in una società di calcio dilettantistico a Verona. Non vedevo il calcio come un lavoro serio. Lavoravo la mattina e mi allenavo la sera nei dilettanti. Segnavo i miei 15 gol all’anno e mi andava bene così». 

Poi li riapre. E vede un ragazzone sorridente di 32 anni, professione centravanti, che segna e sogna con il Südtirol sesto in Serie B. La sua è stata una scalata faticosa, fatta di ostacoli e imprevisti. Ce l’ha fatta a scalfire la roccia, picconata dopo picconata. «C’è stato un tempo in cui avevo pensato di smettere. Cambiavo squadra ogni anno, senza trovare continuità. Poi sono arrivato al Südtirol, abbiamo vinto il campionato ed è cambiato tutto». 

«Italiano è un maestro. Nella sua Fiorentina rivedo la nostra squadra»

Durante la chiacchierata Odogwu si mostra per come è. Concreto e realista. Un timido che per aprirsi deve essere messo a suo agio. «Mi succede in tanti aspetti della vita. Sono un ragazzo molto riflessivo. Per prendermi devi sapermi entrare nella testa. Vale anche per gli allenatori, è una questione di feeling». In carriera gli è successo due volte. «Mi viene in mente Greco, che era l’allenatore del Südtirol. Due estati fa ha creduto in me, mi ha tenuto e dato fiducia. Se non avessi incontrato lui, chissà dove sarei ora. E poi senza dubbio Vincenzo Italiano».

Qui Raphael si ferma e pesca un aneddoto dal mazzo. «Ogni tanto quando guardo la Fiorentina mi sembra di vedere il nostro Arzignano. Lo stile di gioco è lo stesso. Già allora aveva idee e concetti che in Serie D non si vedono mai. Era preparatissimo. E guai a dirgli che una cosa che voleva fare lui era sbagliata… è uno che morirebbe per difendere una sua idea. Ma alla fine ha avuto ragione lui, in tutto. È un maestro».  

Odogwu, due lauree e le tesi su Inter e Juve

Soprattutto quando ha avuto paura di non farcela, Odogwu si è costruito un piano B. Ha studiato, si è laureato due volte, senza perdere il focus sul pallone. «Un grande grazie va a mio padre, che arrivò in Italia dalla Nigeria per studiare. Ci ha trasmesso la cultura del lavoro. La mia famiglia mi ha sempre supportato nel calcio, ma allo stesso tempo volevano che mi creassi un’alternativa per la vita». E i risultati sono sempre stati ottimi. Due lauree, prese entrambe all’Università di Verona. Triennale in Economia e commercio ad aprile 2017, quindi una magistrale in Economia e legislazione d’impresa. «Dopo il calcio mi vedo direttore generale. Vorrei restare nel mondo del pallone, portando le mie competenze. Mi piacerebbe avere un ruolo operativo e sento di avere le qualità per ricoprirlo. Ma è presto per pensarci… io ho ancora tanta voglia di fare gol». 

Unire il calcio ai numeri. Magari succederà in futuro, ma è già successo nelle sue tesi di laurea. La prima sul bilancio dell’Inter, la seconda, in magistrale, sullo stadio della Juventus. «I bianconeri erano i primi in Italia ad aver fatto lo stadio di proprietà. È stato interessante studiarne i costi».

«Lukaku il mio idolo da sempre. Spero di incontrarlo presto»

Erano però altri tempi, oggi la testa è dedicata solo al calcio e al Südtirol. «Mi vedo qui ancora a lungo. È un’isola felice dove si lavora sereni e si sogna in grande». Niente più camicia e bilanci, oggi solo gol e sportellate con i difensori. Con l’aiuto di un paio di scarpe speciali.

«Me le ha regalate Lukaku. Sono le sue. Mi ha mandato sette paia di scarpini e due magliette firmate. È il mio idolo fin da quando sono piccolo, spero di riuscire a incontrarlo presto. Mi hanno sempre detto che gli assomigliavo, sia per il ruolo che per la struttura fisica». Magari succederà all’Olimpico, mai dire mai nella vita. D’altronde glielo insegnano la sua storia e il suo percorso. Basterà non smettere di crederci.