Ozil compie 32 anni: ma cosa è successo al talento dell’Arsenal per eclissarsi così?

by Redazione Cronache

La storia di Ozil all’Arsenal si legge nei suoi occhi, quelli che si muovono a strappi. Squarci di talento su un tela bianca, o meglio biancorossa. In due anni si può passare dal record di assist nella storia dei Gunners, a finire fuori dalla lista per l’Europa League? Si può, se ti chiami Mesut e hai sempre vissuto di fermate e ripartenze.

In campo come nella vita, la legge di Nereo Rocco. Molto probabile che il tedesco non la conosca, ma sembra che gli calzi a pennello. Ha costruito una carriera sulla trequarti, determinando il ritmo offensivo delle sue squadre. Si accendeva e i suoi compagni trovavano gol e flusso di gioco, camminava, ed ecco che anche gli altri si impantanavano contro le difese schierate. È successo spesso all’Arsenal, dentro e fuori dal campo. Una luce ad intermittenza fatta anche di uscite a vuoto sui social e amicizie discutibili che gli sono costate la nazionale.

Inizio super

Acquistato sette anni fa dal Real Madrid per 42,4 milioni di sterline, è  stato fino a quel momento  l’acquisto più costoso nella storia del club. Ci ha messo circa 11 minuti per lasciare il suo marchio. Primo match, primo assist, prima vittoria: 3-1 contro il Sunderland. Il primo gol, invece, lo ha segnato circa un mese dopo, al Napoli, in Champions League, attaccando benissimo il secondo palo su una meravigliosa palla di Ramsey.

Per anni è stato uno dei migliori interpreti del contropiede. Un momento passeggiava a metà campo, qualche secondo dopo te lo ritrovavi in area. Visione e condivisione degli spazi. Qualche volta li sfruttava lui, spesso lanciava i compagni. Il gol al Ludogerets in Champions sta lì a dimostrarlo. Passaggio in profondità di Elneny, Ozil  scappa dietro alla linea dei bulgari. Stop perfetto di esterno, sombrero al portiere e poi la scelta più difficile: niente appoggio comodo col destro ma doppio dribbling ai difensori in recupero e tocco dolcissimo col sinistro. Un pensiero calcistico finissimo, un «gol da orgasmo» come l’ha definito Cantona.

Le Difficoltà

Ci sono varie ragioni nello smarrimento tecnico di Ozil. Una è tattica, ed è legata agli infortuni di Cazorla, cominciati nell’autunno del 2016. Insieme a Xhaka, lo spagnolo garantiva all’Arsenal recuperi e verticalizzazioni veloci. Ozil quindi poteva permettersi di disinteressarsi alla fase difensiva e rimanere tra la linea di centrocampo e quella d’attacco, con uno sguardo sempre rivolto al movimento delle punte. Gli occhi vigili, in movimento, per tagliare la difesa. A causa dei problemi ai tendini di Cazorla, però, Wenger ha dovuto inserire Coquelin ed Elneny, rompendo così lo schema. Costretto spesso ad allargarsi sull’esterno e a ricevere girato di spalle, Ozil ha perso efficacia, visione e assist, spegnendosi piano piano. L’arrivo di Sánchez, esploso nella sua stessa zona di campo, ha fatto il resto. Nel giro di poco più di un anno il tedesco non è più stato titolare e ha smarrito sicurezze. Uno così, se non si sente al centro della squadra, diventa un peso, prende un atteggiamento indolente. Il club gli ha dato fiducia, zz, a 20 milioni di euro a stagione. Löw ha provato a recuperarlo convocandolo per i mondiali in Russia. Eppure, contestualmente, sono cominciati i problemi fuori dal campo.

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L’amicizia con il presidente turco Erdogan ha suscitato molte polemiche in Germania. Nelle amichevoli in preparazione al mondiale, i tifosi tedeschi lo hanno insultato e fischiato. A Dusseldorf gli hanno graffiato la macchina, ed è stata anche lanciata una petizione per convincere il ct a lasciarlo fuori in extremis dall’elenco dei convocati. L’eliminazione della Mannschaft al girone ha poi fatto il resto. Uli Hoeness, allora presidente del Bayern, gli ha dato del «prodotto troppo commercializzato» e la stampa tedesca lo ha preso come principale colpevole del fallimento mondiale. E allora Ozil ha risposto da Ozil. Velocemente, a strappi, senza pensare alle conseguenze.

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In un lunghissimo post su Instagram ha detto addio alla nazionale accusando tutti: fan, dirigenti e sponsor. «Perché la federazione mi ha chiesto spiegazioni su Erdogan e non ha lo ha fatto con la Mercedes, suo sponsor, riguardo allo scandalo emissioni?» ha scritto, precisando come «non fosse criticato per le sue prestazioni ma per il legame con le sue radici turche». Dalle quelle tedesche, invece, si è allontanato sempre di più. Non ha chiarito con Löw, ha chiesto a Erdogan di fargli da testimone di nozze e ha interrotto la sponsorizzazione con Mercedes. La stagione successiva è cominciata malissimo. Mai davvero in sintonia con Unay Emery, è finito spesso in panchina, anche se i tifosi lo invocavano a gran voce. Il trequartista, dal canto suo, si è sfogato in un’intervista a The Athletic: «Se non facciamo bene in una partita importante, è sempre colpa mia. Anche quando non gioco».

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Da solo sull’isola

Negli ultimi anni l’Arsenal non lo ha certo protetto. Nel dicembre del 2019 Ozil ha pubblicato un messaggio su Twitter per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla persecuzione ai danni degli uiguri, la minoranza musulmana in Cina. «Il Turkestan orientale sta resistendo contro gli aguzzini che provano a privarlo della sua religione. Bruciano i loro Corani. Chiudono le loro moschee. Uccidono i loro leader spirituali. Gli uomini sono portati via di forza e le loro famiglie costrette a vivere con uomini cinesi» ha scritto. In tutta risposta la CCTV, la principale tv (di stato) cinese ha deciso due giorni dopo di non trasmettere ArsenalManchester City ma di sostituirla con WolverhamptonTottenham.

Un reportage del New York Times ha svelato quello che molto probabilmente è un sistema di campi di concentramento realizzato per soffocare una minoranza ritenuta legata al terrorismo. La Camera americana, inoltre, ha votato all’unanimità l’imposizione di sanzioni a membri del governo cinese. Eppure i dirigenti Gunners, oltre a non supportare il giocatore, hanno pensato bene di  dissociarsi immediatamente dalle opinioni del tedesco per non veder crollare i propri interessi sul mercato asiatico. Un comportamento quanto meno incoerente, considerando che il club aveva fatto finta di nulla sul suggerimento elettorale del difensore Hector Bellerin, che aveva invitato i suoi follower a votare Labour alle elezioni inglesi.

Cosa resta?

Neanche l’arrivo del suo ex compagno Arteta ha risolto i problemi. Ozil è rimasto solo. Troppo, per uno che si è sempre esaltato nel collettivo. Dovunque metta il piede, pesta un mina. Qualche giorno fa ha proposto di pagare lo stipendio a Jerry Quy, il signore dentro Gannersaurus, la mascotte dell’Arsenal, licenziato per i tagli legati alla crisi economica post lockdown. Gesto nobile, peccato che la società, imbarazzata per la brutta figura, non abbia gradito l’annuncio via social.

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La situazione sembra irreparabile. Il manager non lo vede e lo ha escluso dalla lista per l’Europa League. Lui ha dichiarato più volte di voler restare. Il club lo ha accantonato, ma gli ha appena pagato un bonus fedeltà da 8,8 milioni, previsto nel contratto per scongiurare il rischio che se andasse prima della scadenza. Ormai sono tutti scontenti e non si vede certo uno spazio per ripartire.