La storia della settimana arriva dal Paraguay. All’ultima giornata del torneo di Clausura, è scontro tra Cerro Porteño e Club Guaraní: rispettivamente prima e seconda in classifica, separate da due punti. Si gioca nella capitale Asunción, ed è un derby anche se il vero Superclásico paraguaiano si gioca tra Cerro Porteño e Club Olimpia. Ma poco importa. Il Club Guaraní non ha scelta, deve vincere. Ospita i rivali in casa propria e la partita si mette subito bene: dal 15’ è in superiorità numerica, al 36’ segna il primo gol e al 51’ raddoppia. Entrambi gli assist li firma Josué Colmán, ex di turno. La vittoria è saldamente in mano. Se non fosse che al 92’ il difensore Fernández viene espulso e un minuto dopo stessa sorte tocca al portiere e capitano Gaspar Servio. Il difensore Marcos Cáceres va in porta. Comincia l’incubo: il Cerro Porteño, ora è lui in superiorità numerica, segna al 90+9’ con Espinola. Dopo 2’, all’undicesimo di extratime, su cross di Espinola c’è il colpo di testa di Juan Gabriel Patiño, poi espulso anche lui. Finisce 2-2, tanti gol quanti cartellini rossi. Il Cerro Porteño vince così il suo 34° campionato.
Centro de Espínola, cabezazo de Patiño y Cerro Porteño campeón. 🏆 pic.twitter.com/T6EvQQ0wjU
— Tigo Sports (@TigoSportsPY) December 5, 2021
Club Guaraní, Maradona e narcotraffico
Il Club Guaraní non è nuovo a sconfitte simili. A dicembre 2019 perde la finale di Coppa nazionale contro il Libertad di Óscar Cardozo. A dicembre 2020 non si qualifica alla seconda fase del torneo di Clausura per via di un rigore sbagliato da Raúl Bobadilla contro l’Olimpia. Ora, dicembre 2021, questo. Che poi il Club Guaraní deve nome e soprannome (El Aborigen) all’omonima popolazione amazzonica, mentre i colori gialloneri sono un tributo al pirata Francis Drake. Ha vinto 11 campionati e vi hanno giocato, tra gli altri, il leggendario José Luis Chilavert e Federico Santander, oggi al Bologna. Anche nel destino di Gaspar Servio, il sopracitato portiere espulso, c’è un Bologna. Si tratta di Enrique Bologna, detto Beto, portiere argentino che pare abbia consigliato a Servio di tatuarsi il volto di Maradona sulla coscia. Consiglio accettato e tatuaggio mostrato a Maradona di persona nella comune esperienza ai Dorados de Sinaloa, in Messico. Ma c’è un problema: nell’ottobre 2019, durante le operazioni di cattura di Ovidio Guzmán López – leader del narcotraffico e figlio di El Chapo Guzmán – Servio condivide una storia Instagram con riferimenti al videogioco Counter Strike. «Mi hanno hackerato il profilo», si giustifica. Non gli credono. I Dorados gli rescindono il contratto. Lui va al Club Guaraní. Si trova bene. A inizio 2021 prende la cittadinanza paraguaiana, grazie ai nonni. Rifiuta un contratto dall’Arabia: «Datemi un quinquennale», scherza coi dirigenti. Eppure stavolta…
Cerro Porteño, Boselli e corteggiamenti
All’inizio del secolo scorso, in Paraguay il clima è teso. Due partiti si contendono la politica: il Partido Colorado e il Partido Liberal. Il primo adotta il colore rosso, il secondo il blu. Quando nel 1912 nasce il Cerro Porteño, il nome è quello di un’epica battaglia tra Paraguay e Argentina dell’Ottocento e il colore è rossoblù, tanto per non far torto a nessuno. Quanti calciatori sono passati qui: Edgar Barreto, Marcelo Estigarribia, Ivan Piris solo alcuni. In rampa di lancio oggi c’è Fernando Ovelar, classe 2004, secondo più giovane marcatore nella storia del calcio. Condivide il reparto con Mauro Boselli, ex Genoa, 4 gol questa stagione. Il gol decisivo però non è loro. L’ha segnato Juan Gabriel Patiño, 32 anni, difensore centrale e capitano del Cerro Porteño: inizia a giocare nel Club Atlántida perché corteggia la figlia del presidente, poi va al Club Guaraní a cui oggi ha rovinato la festa nel peggiore dei modi. Ma è merito anche di Alberto Espinola, gol e assist. Tutti lo chiamano Beto, e occhio a non confonderlo col portiere citato prima (né con l’attaccante dell’Udinese che lavorava in un KFC). Proprio Espinola è stato il primo a parlare ai giornalisti: «La rimonta? Un miracolo».
Il Chiqui tra Paraguay e l’ossessione Barcellona
Il tecnico del Cerro Porteño si chiama Francisco Javier Arce Rolón detto “Chiqui”. Per molti è il miglior allenatore paraguaiano dell’ultimo decennio. Eredita il Cerro Porteño nel 2019 in una situazione di crisi e cause legali pendenti. Sbotta col presidente Juan José Zapag: «Ora cancelliamo i debiti una volta per tutte». La squadra ingrana: 20 vittorie in 34 partite. Vince il Torneo di Apertura 2020. Si ripete stavolta: arriva in finale con sei vittorie di fila e soli 6 gol subiti in 17 partite. Il suo segreto? Passaggi corti e largo ai giovani. «Se lo ha fatto il Barcellona, posso farlo anche io». Al suo club precedente, il Rubio Ñu, lancia Derlis González. Al Cerro Porteño fa lo stesso con Miguel Almirón, oggi al Newcastle. Uno stratega, il Chiqui: aveva già vinto il torneo di Clausura 2013, con quello di oggi siamo a tre titoli, come nessun altro qui. Pure per questo lo chiamano “el arquitecto de lo imposible”.