Parola di Alessandro Del Piero

by Redazione Cronache

“Sono stato un giocatore, sono stato un innamorato fedele. Sono stato un capitano. Ci sono un sacco di cose da mandare giù anche se non vuoi e un capitano deve farlo per se stesso e per gli altri. Mi è successo di bussare alla porta di un compagno per cercare di tranquillizzarlo. Capitava che i ragazzi, spesso i più giovani, ma non solo loro, mi cercassero per raccontarmi un loro problema. Io gli facevo sentire la sicurezza di avere qualcuno con cui potersi confrontare. È accaduto anche il contrario: non ho chiesto aiuto, ma qualcuno ha capito che ne avevo bisogno. Eravamo in ritiro, a un certo punto si avvicina Montero. C’era stima e collaborazione tra colleghi, ma non ancora confidenza. Quella sera Paolo mi prende da parte e mi fa: «Oh, ma che hai? Sempre ‘sto muso…». Io lo guardo e non so che cosa rispondere. Sorpreso, in silenzio. Comincio a dire qualche banalità, lui mi stoppa. E parla: «Vabbè, qualunque cosa tu abbia, fattela passare. Non vedi come ti guardano i ragazzi più giovani che si allenano con noi? Tu per loro sei un grande, sempre e comunque. Pensaci». Era la stagione 1999/2000, quella dopo l’infortunio al ginocchio. Non funzionava niente. Paolo aveva capito che io avevo bisogno esattamente di quelle parole. Mi aveva osservato, aveva capito le mie ombre e aveva deciso che dovessi combatterle. E ho cominciato a combatterle, come dopo l’Europeo del 2000. Ebbi l’occasione di segnare due gol ma non ci riuscii, la Francia vinse in dieci secondi la partita e la Coppa. Ho ripensato spesso a quel momento. Perché sbagliai? E come sbagliai? La verità è che una risposta vera non c’è. L’ho capito col tempo. Anche se hai segnato più di trecento gol è come se non fossero serviti ad altro che a preparare il successivo: a 40 anni capisci che è il destino. Non sai dire come hai realizzato un certo gesto tecnico e nello stesso modo non puoi sempre sapere come l’hai sbagliato. Semplicemente accade.”

Alessandro Del Piero