«Timido» a Roma, super in Germania. Cos’è andato storto con Schick?

by Redazione Cronache
Patrik Schick

I poster di David Beckham appesi alla parete. L’idolo Rooney. Quella volta in cui, alle critiche di suo padre in tribuna, rispose col gesto dell’ombrello. Ma soprattutto quando, al d.s. dello Sparta Praga che lo accusava di non essere abbastanza bravo – «mi disse che non ce l’avrei mai fatta» – rispose sul campo. È il mondo di Patrik Schick, calciatore del mese di dicembre in Bundesliga, 18 gol in 18 gare col Bayer Leverkusen, 4 dei quali al malcapitato Greuther Fürth il 4 dicembre. Ha 25 anni e l’Italia è il passato. C’è a chi ricorda Jan Koller (202 cm, contro i 191 di Schick). C’è chi a Vestec – comune nei pressi di Praga – ricorda che Schick non esultava alle reti, ma anzi prendesse solertemente il pallone e lo riportasse a centrocampo. Ugualmente, dopo aver sbagliato azioni facili, scoppiava a piangere e il tecnico doveva sostituirlo. A proposito di mister, Marco Giampaolo alla Sampdoria l’aveva detto: «È tutto meno che un’ala». Non tutti gli hanno dato retta. Partiamo da qui.

 

Schick, Genova e Roma

Nasce nel 1996 a Praga, entra a 11 anni nello Sparta Praga con cui debutta a 18, sia in campionato che in Europa League. Va in prestito al Bohemians 1905, segna 7 reti e nell’estate dell’Europeo (saltato dopo esser finito tra i pre-convocati del c.t. Vrba) è già uomo mercato. Così nel luglio 2016 Patrik Schick arriva a Genova: la Sampdoria lo paga 4 milioni. Investimento ripagato. Al Ferraris c’è Marco Giampaolo, che al primo allenamento gli chiede: «Come ti chiami?». Ma soprattutto ci sono Quagliarella e Muriel. Schick parte dalla panchina, ma 6 delle 12 reti in Serie A le realizza da subentrato. Magia. A fine anno se lo contendono Juve e Roma. I bianconeri lo seducono e abbandonano, ufficialmente per un problema al cuore emerso alle visite mediche. Schick approda nella capitale per 40 milioni. Retroscena: i giallorossi l’avevano in pugno l’estate prima, ma Schick è finito alla Samp (pare che Pallotta abbia stoppato Sabatini) e così la Roma lo paga dieci volte tanto, un anno dopo. Quando si dice mangiarsi le mani.

Džeko, mental coach, derby

Coi giallorossi Schick firma un quinquennale, ma non va: 3 gol tra campionato e Coppa Italia al primo anno, 5 al secondo. Sì, perché c’è Di Francesco e la punta del 4-3-3 è Džeko. Schick, da ala, sembra patire. Non un caso che la sua miglior partita a Roma sia il 10 aprile 2018, lo storico 3-0 di Champions League sul Barcellona. Rimonta. Quella sera la Roma gioca col 3-5-2 e il ceco sta proprio accanto a Džeko. Nell’estate del Mondiale, poi, Schick lavora sodo. Michal Bretenar, un trainer di hockey e boxe, lo segue con un programma personalizzato: «È la prima volta che alleno un calciatore». Idem Jan Mühlfeit, mental coach. Risultato? In tre amichevoli, Schick segna 5 reti (più del doppio di quante segnate l’anno prima in campionato). Ma ricomincia la Serie A e c’è sempre Di Francesco. Così nel 2017/18 Schick segna tre reti in A, curiosamente tutte quando gioca da prima punta. L’ultima l’11 marzo 2019. In panchina c’è Claudio Ranieri: Di Francesco è saltato la settimana prima, dopo un brutto derby perso 3-0 con la Lazio. Ma pure Ranieri gioca con una sola punta, che è sempre Džeko. Schick termina l’anno in panchina e il tecnico romano spiega: «È un grande giocatore, ma deve vincere la timidezza o qualcos’altro».

 

Affitto, aspirine e Ibra

A settembre 2019 Schick è a Lipsia, in Bundesliga: titolare accanto a Werner nel 4-4-2 di Nagelsmann, segna 10 reti in 22 partite: «Non disdico l’affitto, ma so che dovrò tornare a Roma», dice. Invece no. Il Bayer Leverkusen lo acquista per 26,5 milioni a fine estate 2020 e la storia cambia. Anche qui c’è il tridente, ma Peter Bosz lo schiera al centro. Risultato? 9 gol in Bundesliga, 3 in Europa League. A fine campionato c’è l’Europeo, che la Repubblica Ceca conclude ai quarti e Schick conclude da capocannoniere. Quindi torna dalle Aspirine e riprende da dove aveva lasciato: 18 gol e 7 assist in 18 partite. Meglio di Immobile e Vlahović, che alla stessa cifra ci sono arrivati a 20 e 22 partite. Peggio solo di Lewandowski. Ma chi l’avrebbe detto? Forse solo il suo connazionale Nedvěd: «Quando Ibrahimović è venuto alla Juve, mi ricordava un po’ l’attuale Schick. Tecnico, alto, rapido. Poi è diventato il calciatore che tutti conosciamo…». Presagio?