Il viaggio di Pep Biel da Maiorca a stella della Conference League

by Redazione Cronache

Pep di nome, come Guardiola. Biel di cognome, come un paesino di duecento abitanti vicino a Saragozza. Li metti assieme e ottieni Pep Biel, 25 anni e numeri da capogiro: 15 gol e 14 assist in 35 partite. È spagnolo ed è la stella del Copenhagen che non vince un campionato dal 2019. Il countdown è quasi terminato, perché grazie a Biel i Leoni sono primi in classifica. Ironia della sorte, proprio nel 2019 Biel lascia la Spagna, a 23 anni, visto che il Saragozza non gli conferma la fiducia. Ha salutato tutti e preso il primo volo per l’aeroporto di Roskilde. Il Copenhagen l’ha pagato 5 milioni di euro, è l’acquisto più costoso nella storia del calcio danese. Lui però non sente la pressione. E non è una metafora: «Anche volessi leggere i giornali, non capirei nulla visto che non so il danese». Come dargli torto? «Ma amo Copenhagen, sono felice. Mia madre lo diceva sempre, “non fai altro che giocare a pallone“». Lo dice anche il suo tecnico, Jess Thorup: «Si allena bene». E beve tanto caffè. Ristretto, «por qué me gusta el sabor fuerte».

Biel, Zapater e il Genoa in EL

Pep Biel Mas Jaume nasce nel 1996 a Sant Joan, duemila abitanti, sull’isola di Maiorca. Inizia col futsal, poi calcio a 7 nel settore giovanile del Club Esportiu Constància, una squadra dell’isola che ai tempi gioca in Tercera División (quarta serie). Quando debutta in prima squadra è il 16 dicembre 2012 e i bianconeri giocano in terza categoria. Fin qui, nulla di che. Una storia come tante, niente di particolare. Dal 2013 al 2015 è nella squadra B del Rayo Vallecano, nel 2016 a Maiorca e nel 2017 nella squadra B del Real Saragozza. Debutta a gennaio 2018 contro il Granada e prende il posto di Alberto Zapater. Sì, esatto, quel Zapater che cresce 12 anni nel Saragozza, si trasferisce al Genoa, gioca una sola stagione in rossoblù – il 2009/10, con tanto di Europa League – e viene girato allo Sporting Lisbona, come contropartita di Miguel Veloso. Poi però Zapater torna, nel 2016, a Saragozza: oggi è il capitano della squadra. La sua strada si intreccia con Biel nel 2018/19, quando Pep segna 6 reti in 21 partite. Poi parte, direzione Scandinavia.

 

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Dalle stelle alle stalle

Lo chiamano da Copenhagen, non ci pensa su. Biel firma un quinquennale il 2 agosto 2019. «L’abbiamo preso perché, se partisse Skov, ci serve un sostituto», annuncia Ståle Solbakken, l’attuale commissario tecnico della Norvegia. La profezia si avvera. Robert Skov – reduce da 32 reti segnate la stagione prima – viene infatti ceduto all’Hoffenheim, così a Copenhagen arriva il maiorchino. Lo pagano 5 milioni di euro ed è, come detto, l’acquisto più costoso di sempre del calcio danese. Il Saragozza mantiene un 10% sulla futura rivendita e lo sostituisce col giapponese Shinji Kagawa. Il Copenhagen ha molta fretta a tesserare Biel, perché il 6 agosto 2019 gioca il playoff per accedere alla Champions League. A Belgrado, Marakana, è Stella Rossa contro FCK. Biel gioca una ventina di minuti. Finisce 1-1. Al ritorno, la settimana dopo in Danimarca, Biel entra al 75’, si fa ammonire prima del novantesimo e viene espulso ai supplementari. Il Copenhagen perde 7-6 ai rigori e gran parte della sconfitta viene data proprio allo “sciagurato” Biel.

«Avevo freddo»

Stanchezza, vomito, emicrania. Di tanto in tanto, Pep Biel non finisce l’allenamento, ma torna a casa, nel suo appartamento di Sydhavnen, il quartiere a sud di Copenhagen che si affaccia sul porto, dove una volta aveva sede la Nokia. «Non riesco a dormire, se ripenso a quella partita. Non sono mai stato espulso prima». Ma la crescita passa pure dagli errori. E dai cambi di ruolo. Arriva trequartista, fa il centrale di centrocampo, ora – al suo terzo anno in Danimarca – è ala destra: già 4 gol e 4 assist in Conference League. Polivalenza. Come i suoi idoli del resto, Özil, Thiago e Isco. Né carne, né pesce. A difenderlo dalle critiche dei tifosi è intervenuto Zeca, il capitano del Copenhagen: «Lui, Papagiannopoulos e Michael Santos parlano spagnolo con me». Nostalgia di casa? No. Maiorca l’ha lasciata a 15 anni: «A Madrid mi mancava la famiglia, poi a Saragozza avevo freddo». Non suona abbastanza ironico, detto da uno che oggi gioca a Copenhagen?