Perché la Juve di Pirlo non ha mai vinto 1-0?

by Grei Hasa

Tra le tante novità legate alla Juventus di questa stagione ce n’è una davvero curiosa: la squadra di Pirlo non ha mai vinto 1-0. Un fatto inusuale per un club che negli ultimi anni era stato accusato spesso di giocare in modo noioso, squadrato, ripetitivo e di ottenere, almeno in campionato, il massimo risultato con il minimo sforzo. La famosa teoria del «musetto davanti nelle gare di Ippica» spiegata da Allegri. Ed è proprio in confronto alle stagioni con l’allenatore toscano che i bianconeri pagano dazio maggiormente. La Juve di Pirlo ha 8 punti in meno rispetto a quella di Sarri e 17 meno di quella di Max. Eppure, come analizzato da Sky Sport, il più alto numero di successi (11) per 1-0 era arrivato con Conte, nel 2013/14. Nelle ultime nove annate, giocate con lo scudetto sul petto, la media di questi punteggi in relazione ai risultati totali in Serie A si è sempre mantenuta intorno al 15%, da un minimo di 7,89% a un massimo di 28,95%. Ma allora perché la Juve non riesce più a mettere in pratica qualcosa che in fondo è sempre stato nel suo dna?

Distanze da rivedere

È prima di tutto una questione di equilibri. Bonucci e compagni quest’anno sono la squadra che tiene di più il pallone: 31 minuti e 28 secondi di media per partita, due in più dell’Inter, tre più della Roma, quasi cinque in più del Milan. Il problema non è il possesso, ma dove si sviluppa. La Juve, infatti, tiene il pallone per più tempo nella propria metà campo che in quella avversaria, 16’31” contro 14’57”. Questo atteggiamento, frutto della volontà di costruire dal basso, può anche comportare dei rischi. Il primo è l’eccessivo spazio tra centrocampo e attacco. Considerando che Ronaldo viene meno a prendere palla sulle trequarti, quella porzione di campo dovrebbe essere riempita dal movimento ad accorciare degli esterni, ma spesso Mckennie e Ramsey non tagliano in avanti, ma anzi cercano di ricevere un passaggio corto e comodo dai centrocampisti centrali. Rimane solo Chiesa a dare una mano alle punte, ma se trova esterni difensivi che lo portano sul fondo viene limitato parecchio.

Errori individuali

C’è poi anche un azzardo tecnico. Se si gioca tanto nella propria metà campo bisogna essere perfetti, non si può sbagliare nulla. Senza arrivare a casi estremi come il gol subito da Taremi contro il Porto in Champions League, anche la rete di Barak sabato è indicativa. L’azione è infatti avviata da Zaccagni che, completamente libero tra le linee, trova Lazovic sull’esterno. Cross perfetto e colpo di testa a incrociare del ceco.

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Intendiamoci, la Juve non è l’unica squadra ad accettare l’uno contro uno e il giro palla vicino all’area di rigore. Lo fa il Manchester City, ma con difensori più tecnici e veloci. Lo fa il Bayern Monaco, ma con un rapido sfogo su Davies e Pavard, che hanno piedi da trequartisti. Lo fa il Real Madrid, ma le tre mezze punte di Zidane si abbassano con molta più frequenza. La Juve, poi, corre meno degli altri. È nona nella classifica dei chilometri percorsi in A, con 109,152 di media per match. Tre e mezzo in meno dell’Inter, tre meno della Lazio. Non sempre questo dato può essere indicativo, come dimostra la presenza nella top 6 di Parma e Cagliari, che più che correre forse rincorrono. Se però si aggiunge la media dei palloni intercettati, 37.4, contro i 40,94 delle altre squadre, le difficoltà aumentano. I bianconeri arrivano tardi sugli avversari, perdono le distanze e non riescono a tenere i vantaggi. Andrea Pirlo oggi in conferenza stampa ha parlato di tanti errori diversi nelle rimonte subite, ma alcuni  segnali sono lì da inizio campionato.