Pigliacelli: «Amo Palermo e giocare con i piedi, ma penso a parare. Sognando la A»

by Matteo Lignelli
pigliacelli intervista

«Palermo non è per tutti, a maggior ragione se giochi portiere, non smetterò mai di ripeterlo. Tutti vorrebbero giocare qui, poi esserci è un’altra cosa. È una piazza calorosa, dove le aspettative sono alte. Nel mio caso però sono solo uno stimolo a fare sempre meglio». Mirko Pigliacelli, 30 anni, è uno dei protagonisti del grande inizio di stagione dei rosanero, secondi in Serie B, a un punto dal Parma. «Nei periodi in cui le cose non andavano bene, i tifosi sono stati davvero un’arma in più. Il supporto di questa gente è imparagonabile», racconta. E da vero leader, quando gli chiedi delle sue prestazioni, preferisce parlare del gruppo: «Si respira un’atmosfera importante, già dal primo giorno di ritiro abbiamo capito che eravamo tutti dalla stessa parte e potevamo fare qualcosa di grande. Siamo una squadra che non molla mai, questo è il nostro vero punto di forza. Penso alla partita di Venezia, in cui eravamo in vantaggio e poi abbiamo preso gol allo scadere del primo tempo: non ci siamo abbattuti e abbiamo vinto 3-1». Eppure con solo 4 gol presi in 8 partite il Palermo ha la miglior difesa. «Guardo poco le statistiche, quello che mi interessa è che la squadra porti a casa i 3 punti. Non ho mai guardato i numeri in carriera, non fa proprio parte di me».

Pigliacelli è arrivato al Palermo nell’estate 2022 dopo un lungo percorso. Era nella Roma Primavera che tra 2010 e 2012 ha vinto tutto (campionato, Coppa Italia e Supercoppa), ma la Serie A l’ha solo sfiorata pur guadagnandosi la promozione prima col Sassuolo (anche se, da 20enne, con poco spazio) e poi col Frosinone nel 2015. «La Serie A è un obiettivo perché anche quando ho vinto in Serie B, come a Frosinone, ho continuato a girovagare. Palermo, invece, voglio tenermela stretta a lungo perché è un posto che mi fa stare bene, magari in una serie diversa». La Serie A, appunto. E lui è arrivato proprio nel momento dell’acquisizione del club da parte del City Group, la “galassia” di squadre che fa capo allo sceicco Mansour, il proprietario del Manchester City. Una mossa che ha legittimato e sdoganato le ambizioni. «In un anno e mezzo c’è stato un cambiamento assurdo. Da giocatore quello che vedo è un centro sportivo pazzesco e il fatto che non ci fanno mai mancare niente, abbiamo un supporto giornaliero». 

Nel 2017, ai tempi del Trapani, incantò tutti con un’uscita palla al piede fino all’area di rigore avversaria, proprio contro il Frosinone. Quando giocava al Craiova, in Romania, ha segnato su rigore. «Mister Corini è una persona molto schietta, mi dice: “Il portiere deve parare e dare sicurezza”. So che posso dare una mano in più con i piedi e lo farò se chiamato in causa, magari con un assist». Come detto, nel 2019 in Romania sotto la guida di Devis Mangia fu scelto come rigorista. «Tutto nasce dal fatto che la squadra aveva sbagliato diversi rigori in varie partite, quindi il mister il giorno prima della gara con la Steaua Bucarest mi dice: “Da domani li batti tu”. E davanti a 40mila persone succede che ci fischiano davvero un rigore. Lo calcio e va tutto alla perfezione. Io mi alleno sempre su tutti i fondamentali, penso che sia necessario. Anche con i piedi, perché mi diverto, pensate che lo faccio pure a casa con mio figlio. Al Palermo sarà difficile che accada, visto quanti giocatori forti abbiamo, però io intanto ne batto qualcuno in allenamento e se mi verrà chiesto, sono pronto».

Nonostante, questo, nella sua vita è sempre stato tra i pali: «Ho fatto il portiere da subito, mio papà era un portiere, mio zio anche. È la classica storia di quando nelle giovanili manca un ragazzino e chiedono chi vuole andare in porta. Andai io. Mio papà mi disse di lasciar perdere perché era un ruolo pesante, ma così mi spinse ad accettare la sfida. Mi piacevano portieri come Peruzzi e più tardi Casillas. Oggi guardo Ederson e Alisson».