La squadra della Fiorentina nel campionato indiano: la storia del Pune City

by Giacomo Brunetti

La Fiorentina nel campionato indiano. Con tanto di calciatori italiani, uno stadio di cricket trasformato in uno di calcio e i richiami viola sulla maglietta. È quello che è successo quando la Viola ha acquistato, insieme al Wadhawan Group, il Football Club of Pune City, più semplicemente Pune City. Acquistato o meglio: fondato.

Andiamo con ordine. Già nei primi anni Duemiladieci, la Fiorentina aveva iniziato a espandersi all’estero: dapprima in Svizzera, con un incubatore di talenti, e poi negli Stati Uniti, dove aveva stretto una partnership con la lega californiana formando allenatori e calciatori e prendendo anche uno di loro, Joshua Perez, che aveva esordito in Serie A addirittura contro l’Inter.

Poi l’opportunità in India, una visione commerciale di lungo periodo in una lega, la Indian Super League, che stava nascendo nel Paese più popoloso del mondo, sul modello dell’MLS americana. Una lega chiusa, con franchige, dai prospetti economici enormi in una zona in sviluppo. E così, nel 2014, la Fiorentina sbarca in India, portando le proprie conoscenze per la creazione di una società satellite che avrebbe lottato per il titolo affrontando anche l’Atlético Madrid… indiano, ovvero il Kolkata, supportato proprio dai colchoneros.

Il progetto, in carico a Leonardo Limatola, Sandro Mencucci e Daniele Pradè, anche oggi ds della Fiorentina, aveva portato molto del calcio europeo e della sua visione. Per farvi un esempio, lo stadio del Pune – un impianto di cricket da 22mila posti trasformato in uno stadio – vinse il premio come miglior hospitality del campionato. Anche perché l’estetica contava molto: ogni squadra, per volere della lega, doveva essere presieduta da un vip. Nel caso del Pune, il presidente era infatti l’attore Salman Khan, una icona in India e uno degli attori più celebri di Bollywood.

Ma le difficoltà c’erano comunque. Esempio? Ecco, in India il calcio non era uno sport popolare. Quando i Viola commissionarono la creazione di un campo di allenamento, i tecnici indiani tracciarono un terreno di gioco a forma di pentagono anziché rettangolare. Il dischetto di rigore era posto all’altezza di uno dei pali della porta.

E poi ci fu il primo calciomercato. Il regolamento prevedeva: 5 calciatori stranieri, le “stelle”, a libera scelta; altri 5 calciatori stranieri da scegliere al Draft e 8 calciatori indiani anch’essi da scegliere al Draft. Si fecero un po’ di ricerche scouting per capire chi fossero gli atleti al Draft, per la maggior parte sconosciuti. La Fiorentina, o per meglio dire il Pune, puntò sull’esperienza: tra i 5 calciatori stranieri eleggibili arrivarono l’ex portiere di Juve, Udinese e Reggina, Emanuele Belardi, il difensore – tra le altre ex Inter e Siena – Bruno Cirillo, il campione d’Europa con la Grecia Kōstas Katsouranīs, quasi a fine carriera, e il figlio del mister Franco Colomba, Davide, che aveva esperienze in C e B. L’ultimo, la stella, era David Trezeguet.

Due mesi di campionato, stile mondiale, con trasferte lunghissime. Durò due stagioni l’impegno della Fiorentina, che per varie motivazioni, tra cui il disimpegno per motivi economici del partner-socio in questa avventura Wadhawan Group, lasciò la franchigia in altre mani. Soprattutto perché, sfortunatamente, il Pune si trovava nella stessa regione di Mumbai, terza città più densamente popolata al mondo. Pune, infatti, con i suoi 8 milioni di abitanti, era considerata quasi “piccola” e venne chiesto di far posto a un’altra città nella franchigia, per attrarre più tifosi. Ma a Pune, che nella seconda stagione vide tra i protagonisti anche Adrian Mutu, non dimenticheranno mai quella piccola grande squadra con la maglia arancione e viola.