Una vita con Ranieri: «A Cagliari ho rivisto il Claudio di Leicester»

by Lorenzo Cascini
Ranieri intervista

È il 23 dicembre quando Claudio Ranieri varca i cancelli del centro sportivo di Assemini. Cagliari è una città, sportivamente parlando, all’ultima spiaggia. Delusa, triste. Ma in realtà quella che Claudio vede è una spiaggia luminosa, con la sabbia fine e l’acqua di cristallo. Simile a quella che si può ammirare alzando lo sguardo e guardando verso il mare. Insomma, ci sono le basi per costruire. Basta crederci. E lui ci ha creduto dal primo momento.

«Per lui venire a Cagliari era una grande responsabilità. Non voleva dare un dispiacere a una piazza che gli stava così a cuore e a cui si sente legato». A raccontarlo è Paolo Benetti, braccio destro di Claudio e storico vice. «Un giorno, poco prima di Natale, mi chiama e mi dice ‘Andiamo a Cagliari’. E io vado, anche perchè con lui andrei ovunque. Aveva la determinazione di chi parte per tornare a casa con il bottino pieno. È così è stato». 

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Quando Ranieri disse: «Datemi tempo»

Il calcio per lui è un libro aperto. Ranieri, 71 anni sulla carta ma con l’entusiasmo di un ventenne, arriva a Cagliari con lo stesso sguardo di Leonida alle Termopili, consapevole che c’è da compiere un’impresa e che la storia è ancora tutta da scrivere. Se ci si vuole passare, alla storia. Quando la prende, la squadra è più vicina ai playout che ai playoff. Eppure lui dice solo «datemi tempo». Sa già dove mettere le mani. Serve riportare sicurezza; all’inizio sono briciole, ma più passano le partite e più le briciole si compattano e diventano pane.

«La cosa che ti colpisce subito è la sua gentilezza». Umile, gestore, un papà. Roberto Muzzi – romano come lui e direttore tecnico del Cagliari neopromosso in A – ne è rimasto folgorato dalla prima chiacchierata. «È uno che ascolteresti parlare per ore. Non ci conoscevamo personalmente, è stata una scoperta fantastica. Ranieri è un allenatore che ti ascolta sempre, vuole sapere come la pensi su tutto e che idee hai sulle cose. Lo fa anche con i calciatori, che infatti si sono stretti intorno a lui e hanno fatto gruppo. Questo è stato uno dei nostri segreti». 

Emozioni e lacrime, «sembrava il Claudio di Leicester»

È un uomo che fa il calco sulle sue emozioni, si commuove dopo la rimonta con il Parma, scoppia a piangere al gol-promozione. Empatizza con i sessantamila di Bari che hanno vissuto un finale da film horror e rimprovera i suoi tifosi quando cantano ‘Serie B, Serie B’. «Tifoserie del genere vanno applaudite, non insultate». Lezione di vita, di stile, di classe. Di straordinaria umanità. Poi ha continuato a piangere. 

«Non me lo aspettavo neanche io. Ma ti assicuro che una reazione così la avrebbe avuta solo per Cagliari e per il Cagliari». Garantisce Benetti, che con lui ha vissuto avventure e battaglie. «L’uomo lo fotografi negli ultimi dieci minuti di partita. Calmo fino alla fine, poi esplode e si lascia andare. Non sono riuscito neanche ad abbracciarlo. È un uno che ha sentimenti puri, che vive per queste emozioni. Mi ha ricordato il Claudio di Leicester». 

Quella notte ad aspettare la Premier

Qui Benetti si ferma, come a voler tornare indietro negli anni, bloccare il tempo e rivivere quelle sensazioni. Sta in silenzio così a lungo che sembra caduta la linea. Poi riparte. «Ero a casa sua a cena. Per essere matematicamente campioni avevamo bisogno che il Tottenham, secondo, non vincesse. Giocavano con il Chelsea, altra squadra del cuore di Claudio. Ancora destino. Vanno avanti due a zero, lui mi guarda e mi dice ‘la riprendono, fidati di me’. Non scorderò mai la sua faccia al gol del due pari di Hazard. Ci mettemmo un po’ a realizzarlo. Poi anche lì è scoppiato a piangere e io con lui. A pensarci oggi mi vengono ancora i brividi. Capisci perché ti dicevo che lo seguirei ovunque?». 

Prima di salutarci c’è spazio per un’ultima cartolina. «Non mi dimenticherò mai le facce dei giocatori della Roma quando lui, in un derby, con la squadra sotto uno a zero, sceglie di togliere Totti e De Rossi all’intervallo. In spogliatoio avevano tutti uno sguardo che sembrava dire ‘questo è matto’. Invece anche lì ha avuto ragione lui. Ma ci vuole coraggio. Claudio lo ha sempre avuto. Va avanti con le sue idee a costo di perdere, chiedere scusa e andare via». Lo farebbe in ogni caso con classe e signorilità, doti con cui nasci e che non puoi imparare. Ranieri riuscirebbe a tenere il vestito pulito pure in una lotta nel fango, è uno che lascia che lo sport sia sport, che il gioco resti un gioco. E soprattutto che si emoziona ancora.