Alle origini di Raspadori: «A 8 anni voleva segnare da calcio d’angolo»

by Francesco Pietrella
Giacomo Raspadori

Chi lo conosce parla di «colpo di fulmine» o «freccia di Cupido». Giacomo Raspadori si innamorò del calcio una notte d’estate all’improvviso, dribblando sassi e amici all’oratorio di Castel Maggiore, dietro la chiesa di Bondanello. Mattina a scuola, pomeriggio ad allenarsi, la sera al campetto. «Zainetti per fare i pali, e poi via a giocare fino a tardi». 

«Mister, posso provare da angolo?»

Aldo Tolomelli lo racconta col sorriso di chi ha visto un predestinato prima degli altri e oggi se lo gode da lontano, senza disturbare. «Non ci sentiamo da qualche mese, ma seguo ogni partita del Sassuolo». Stellina neroverde di Dionisi, futuro della Nazionale, già 14 gol in Serie A a 21 anni. «Ogni volta mi torna in mente l’occhio sveglio di un bambino di 10 anni. Lo stesso che in torneo mi disse ‘mister, posso provare a metterla dentro da calcio d’angolo?’, e poi segnò davvero».

E poi la mette sul secondo palo

Aldo ha allenato Raspadori per due anni nelle giovanili del Progresso, una delle squadre più importanti dell’hinterland bolognese. Quando gli chiedi una prima immagine tira fuori un aneddoto storico. Da cartolina. «Torneo Tassi del 2008. Uno degli eventi più importanti della provincia a livello giovanile. Da lì sono passati diversi giocatori. Giochiamo la finale contro l’Imolese sotto il diluvio universale. Cinque contro cinque. Piove a dirotto, Jack fa fatica, la partita non si sblocca». Poi Cupido scaglia la freccia: «Calcio d’angolo per noi. Mi guarda negli occhi e chiede di poter tirare. A 8 anni, capito? Gli dico ‘coraggio, provaci’. E lui la piazza facile sul secondo palo». Torneo vinto. «I primi mesi non capivo se fosse mancino o destro, calciava con facilità già da bambino. E poi non mollava mai. Per farlo andare via dal campo bisognava prenderlo di peso». 

«Ci penso io…»

Un altro aggettivo è «instancabile». Aldo lo dice due o tre volte. «A fine allenamento continuava a giocare al parco. Eseguiva con naturalezza qualsiasi esercizio». In due anni Jack vince un paio di tornei Tassi e sigla caterve di gol. Addirittura 6 in una partita. «Ci servivano 9 reti per passare il turno. Lui mi disse ‘ci penso io’ e fece tutto da solo. Alla fine ci qualificammo. Jack siglò 6 reti e servì 4 assist. Cose mai viste prima». Il nome gira, le voci pure, così lo nota qualche big. Si fa avanti la Roma, Bruno Conti organizza un provino, ma una volta arrivato a Termini salta tutto per un disguido. Raspadori resta lì con la madre. «Credo si siano dimenticati di andarlo a prenderlo, così tornarono a casa. Tempo dopo arrivò il Sassuolo». Altro retroscena: «I neroverdi avevano adocchiato il fratello Enrico, anche lui attaccante, classe ’97. Durante una partita, però, lo scout notò Jack e se ne innamorò. Quel piccoletto rapido e veloce dribblava tutti. Il resto è storia». 

Campioncino

Nel 2010 Raspadori saluta il Progresso e vola a Reggio Emilia. Nel 2019 esordisce in Serie A grazie a De Zerbi. L’11 luglio 2020 segna il primo gol contro la Lazio all’Olimpico. Tempo un anno ed è campione d’Europa con l’Italia. Mancini gli ha regalato un quarto d’ora contro il Galles ai gironi. «Sono fiero di lui e di ciò che è diventato. Merito suo, certo, ma anche di una famiglia solida alle spalle. I nonni erano ogni partita sugli spalti, i genitori sono persone d’oro. Mai una lamentela, sempre in silenzio. Jack è uno di quei talenti capaci di stregarti». Colpo di fulmine. Anche Aldo ha avuto il suo.