Rondo giocava nel Milan e sognava San Siro. Anche adesso, ma sul palco

by Alessandro Lunari

Negli ultimi tre anni ha sfondato con la musica, collezionando dischi di platino, oro e tantissime certificazioni. Ha avuto un rapporto difficile con l’Italia, mentre all’estero ha colorato di blu grandi palchi viaggiando tra Inghilterra, Europa e Stati Uniti è apprezzatissimo. Eppure Rondodasosa, nome d’arte di Mattia Barbieri, sarebbe potuto finire al Milan. Ma andiamo con ordine.

«Vivace e un po’ pazzo, come tutti i portieri»

Mattia è nato e cresciuto nella periferia di Milano. Prima di conoscere la musica, era innamorato del pallone. Ha giocato fino ai 12-13 anni in alcune squadre milanesi. E ad una certa perfino il Milan ci ha fatto un pensierino.

«Intravedevo in lui delle potenzialità. Nei primi anni noi mister facciamo ruotare un po’ tutti i nostri ragazzi per trovare il ruolo più giusto per loro. Mattia ha iniziato a circa 6 anni con me ai Gescal Boys – ci racconta mister Geroligli piaceva stare in porta, anche perché quando andava avanti faceva un po’ di disastri». Per circa tre stagioni sono stati insieme ai Gescal Boys, il piccolo Rondo si alternava fra i pali insieme ad un altro portiere, Alessio Catalano. Oggi uno calca i palchi per esibirsi con la sua musica, l’altro va a caccia di giovani talenti del nostro calcio con la sua community ‘Il bello del calcio’.

«Ho giocato con Mattia fino agli 8 anni, poi le nostre strade si sono divise. Io sono andato all’Alcione, la terza squadra di Milano, lui ha seguito mister Geroli alla Masseroni. I Gescal Boys erano una società un po’ rustica, avevano circa 3-4 categorie non di più». Il centro sportivo, con due campi da calcio a 11, due da calcio a 5 e uno di padel, costruito recentemente, sorge in una zona che vive di pallone e mira a togliere i giovani bambini dalle strade e dare un supporto in più alle famiglie.

«La squadra delle annate 2002/2003 è diventata molto forte con il passare del tempo. A fine stagione, dopo amichevoli e campionati, partecipammo anche ad un torneo a Gardaland. Sfidammo grandi squadre italiane e forse anche qualche società straniera». Rondo gioca da protagonista quel torneo e la strada sembra tracciata. «Quel torneo a Desenzano per me fu una delle parentesi più belle. Era il culmine di un percorso iniziato anni prima. Io allenavo già da un po’ di tempo, ma decisi di prendere quell’annata quando ancora facevano i pulcini. Dormire fuori per 3-4 giorni, giocare tanti match e vedere anche un certo senso di competizione fra tutti quei giovani atleti è stato bello. Mi sembra che vincemmo quell’anno con tanto di sfilata e coppa».

Il passaggio alla Masseroni e i primi allenamenti con il Milan

Passano un paio d’anni e la squadra dei Gescal Boys si trasferisce quasi in blocco – ci racconta Geroli – alla Masseroni: «Mattia è sempre stato un tipo un po’ agitato, ha avuto sin da piccolo quella dose di pazzia che si addice ad un portiere. Dopo la Masseroni, siamo andati un paio di stagioni alla Viscontini fino al primo anno di esordienti. Lì ha iniziato ad assentarsi, ma insieme riuscimmo comunque a vincere il campionato».

Fra il calcio e la musica c’è stata una parentesi di difficoltà per Rondo, che per qualche anno ha lasciato Milano e si è trasferito in Toscana. Fra ex compagni, mister e persone che lo conoscono da anni, tutti concordano su un punto: Rondo ha sempre avuto una grande determinazione. Prima in campo, ora nella musica: «Quando non giocava in porta, Mattia manteneva comunque la sua mentalità. Tecnicamente non spiccava, ma se c’erano screzi o palloni su cui buttarsi, era sempre il primo ad entrare». Poi, però, ha continuato in porta.

«Mentre allenavo la Masseroni, il Milan mi ha osservato per un anno. Dopo quella stagione, fui inserito nel reparto scouting. La mia squadra di 2002 e 2003 era chiamata ‘Dream Team’ dagli osservatori rossoneri perché erano davvero tutti bravi. Non sono usciti calciatori da Serie A o B, ma molti giocano ancora e comunque fino alla Serie D ci sono arrivati». Sì, ma Rondo? «Il Milan lo voleva. Ha fatto alcuni allenamenti a Vismara anche perché Mattia era abbastanza alto e le società professionistiche, se giochi in porta, guardano anche quello».

Prima di allora quel Mattia Barbieri poteva anche trasferirsi all’Alcione, uno dei club più blasonati della zona insieme a Lombardia 1, Baggio 2, l’Accademia dell’Inter e Cimiano. A difendere i pali della terza squadra di Milano ci è andato Alessio: «Ho sempre fatto il portiere fino ai 19 anni. Negli anni in cui giocavo con Rondo ai Gescal Boys facevamo una partita a testa. Non c’era competizione, anzi facevamo il tifo l’uno per l’altro».

L’effetto di San Siro, la passione per il Milan e l’incontro con Maldini

Mentre ora da artista sogna di esibirsi, magari un giorno, e riempire San Siro, la prima volta in cui ci ha messo piede è stato per tifare il suo Milan. Ci raccontano di come fosse un vero tifoso rossonero sin da piccolo: «Soprattutto nel periodo in cui andava ad allenarsi a Vismara, era fissato. La prima volta in cui è entrato a San Siro da bambino è rimasto a bocca aperta. Aveva la pelle d’oca. Di chi aveva la maglia? Rigorosamente di Ibrahimović».

C’è stato un altro momento in cui Rondo ha avuto modo di rafforzare il suo legame con il Milan. Nel 2010, al primo anno di Masseroni, Mattia ha l’occasione di incontrare Paolo Maldini, ritiratosi giusto qualche mese prima, nel maggio del 2009. Non riesce a trattenere l’emozione. Con lui, c’è anche Alessio. Entrambi avevano lasciato la Gescal Boys intraprendendo percorsi diversi: l’uno alla Masseroni, l’altro all’Alcione. Ma sempre stesso ruolo, a difesa della propria porta.

Mattia è cresciuto raccogliendo figurine per riempire gli album Panini. Prima della musica, dei tour e dei dischi di platino. Mattia era come tutti gli altri ragazzini, cresciuti nel quartiere di San Siro con la passione per il pallone: «Si arrabbiava tantissimo quando perdeva o subiva gol. Sbuffava fino alla macchina e ti chiedeva: ‘Per favore, ne parliamo dopo’». Ne parlano tutti un gran bene, segno di come abbia lasciato un buon ricordo nonostante ormai non giochi più. Ha scelto la musica e la drill e, a giudicare dai numeri, non gli sta andando male.

«Della sua annata forse c’erano giusto altri 2-3 portieri al suo livello in tutta Milano». Resteremo con il dubbio per sempre. Un po’ come il Milan stesso che non ha mai affondato il colpo. Intanto Mattia continua a farsi conoscere per le sue canzoni: «Nonostante sia diventato famoso, è una persona molto timida. Concede poche interviste, ma quando i suoi ex compagni lo vedono in giro lui li riconosce e si ferma a parlare con loro. Ha deciso di esprimersi con la musica e non con il calcio, ma a Mattia vogliono tutti bene».