Ledesma sul campionato: «Non credo si abbia la forza di fermarlo» 

by Redazione Cronache

Nel corso della nostra chiacchierata con Cristian Ledesma, l’ex centrocapista ha espresso più di qualche dubbio in merito a una definitiva sospensione del campionato di Serie A. L’ex centrocampista, in passato capitano di Lecce, Lazio e Ternana, sottolinea la problematica legata ai ricorsi, che diventerebbero innumerevoli in caso di stop forzato fino alla prossima stagione.

«Sono sincero – sostiene Ledesma – Mi sembra difficile che si abbia la forza di fermare tutto e non far finire il campionato. Questo è il mio pensiero. Mi sembra difficile perché dopo una decisione del genere vedremmo tante, tantissime squadre in causa o in tribunale in primo grado, in secondo grado, ricorsi al TAS e tutto quel che può nascere se si decidesse di fermare un campionato. Ovviamente si sta parlando di calcio, non solo di quel che porta a livello economico ma anche a livello emotivo, dell’entusiasmo che dà a tutta la gente che lo segue e a una nazione intera. Si è parlato poi di quanto il calcio dia a livello di tasse. Tanti discorsi che si sentono sono giusti, per carità, ma quel che mi lasciano è incertezza. Tanta incertezza. Detto questo, secondo me il campionato non verrà fermato. Questa è l’idea che ho: sarebbe un po’ troppo complicato e si finirebbe in tribunale con squadre che potrebbero dire ‘io non mi posso iscrivere’, ‘io mi potevo salvare’ oppure ‘io potevo vincere il campionato’».

E i tifosi? «Io dico che i giocatori e i calciatori professionisti sono una categoria molto tutelata a livello sanitario, mentre per i tifosi penso a chi in un futuro vorrà andare allo stadio e a chi invece avrà paura, a chi avrà la forza o la voglia di andare al cinema, a teatro o a vedere una partita di calcio. Regna incertezza su questi fattori, pagheranno i tifosi ma i tifosi sono le persone normali. I calciatori sono i numeri uno che vanno sotto i riflettori, ma sono anche persone e quindi avranno timore. Se poi, come leggo, gli si imporrà di stare chiusi due mesi senza poter vedere la famiglia, insieme a tante altre persone che lavorano nell’ambiente del calcio, anche per loro non sarebbe una situazione piacevole per quanto possa essere l’entusiasmo dei calciatori nel voler tornare a giocare a calcio».