Il giorno in cui Sofyan Amrabat ha capito che voleva il Marocco

by Redazione Cronache
Sofyan Amrabat

Siamo a Mersin, in Turchia: 30 novembre 2010. Mancano 12 anni esatti al Mondiale in Qatar. Due squadre di 15enni scendono in campo dentro a uno stadio enorme e praticamente deserto. Da una parte c’è proprio la Turchia, dall’altra l’Olanda.

Dodici anni dopo, di quelle due squadre non rimane più niente. Soprattutto di quell’Olanda: la Nazionale U15 di quel giorno non ha portato neanche un calciatore alla ribalta. Pochi professionisti, nessuno è in orange al Mondiale in Qatar.

Un solo ragazzo è ai nastri di partenza, uno dei due che quel giorno prendono 3 gol dalla Turchia. Si chiama Sofyan Amrabat e, in quel pomeriggio di novembre del 2010, stava esordendo con l’Olanda. Ha sempre avuto un esempio da seguire: il fratello Nordin, calciatore vero.

Amrabat è oggi uno dei due giocatori a essersi affermato, a partire da quel giorno. L’altro, Issa Kallon, da grande ha scelto la Sierra Leone. Sofyan è il calciatore del Mondiale più chiacchierato in Italia: tutto è iniziato a Utrecht.

Usciva di casa la mattina, prendeva l’autobus e successivamente il treno per andare a scuola. Aveva pochi amici, «non avevo tempo», e nel 2018 insieme a Nordin sono diventati la 2° coppia di fratelli nella storia del Marocco in un Mondiale, dopo i Merry.

Come ha scelto il Marocco? Dopo aver giocato per l’U155 e l’U16 olandesi, Pim Verbeek – olandese che coordinava le nazionali marocchine – è andato a casa sua per convincere il padre: «Vogliamo fare uno squadrone per il Mondiale U17 a Dubai, vieni con noi?». Vari ragazzi avevano vestito altre maglie, come quelle di Francia e Belgio.

Amrabat cresce ed Hervé Renard, all’epoca ct del Marocco, lo convoca in Nazionale maggiore. Gioca un’amichevole, quindi non è ancora blindato dall’Olanda. Nessuna delle due lo convoca, fino a quando esplode letteramente al Feyenoord. La Federazione olandese lo convoca per un colloquio.

«Il ct Advocaat e Gullit mi hanno chiamato, perché volevano parlarmi. Perché dire di no? Avevo dei dubbi, d’altronde lì ero cresciuto». Il capo della Federazione marocchina è venuto a saperlo: «Puoi venire in Marocco? Voglio parlare con te e con i tuoi genitori».

«Siamo partiti per tre giorni, tutto perfetto. Abbiamo parlato e mi hanno invitato a vedere una partita contro il Gabon. Quando ho visto 70mila marocchini così caldi sugli spalti, mi è venuta la pelle d’oca». Grazie a quella sensazione, ha scelto il suo destino.