Okaka: «Quando escono i convocati della Nazionale sembra un casting in tv»

by Redazione Cronache
stefano okaka

«L’obiettivo della mia carriera non era essere il numero uno, ma dare una vita migliore alla mia famiglia. E ci sono riuscito». È un messaggio bellissimo quello che ci ha lasciato Stefano Okaka, attaccante di 33 anni oggi all’Istanbul Başakşehir dopo esser cresciuto con la Roma. Abbiamo ripercorso insieme a lui la sua carriera.

Esordio in Serie A

«La settimana prima giocavamo a Udine ed ero sicuro di entrare,mi dicevano che sarei stato il più giovane della storia, poi però non è successo. La partita dopo era a Genova contro la Samp ed è quella in cui Spalletti aveva messo Totti in attacco e stava facendo cose straordinarie. Alla fine però il mister mi ha chiamato, è stata una bellissima emozione. È stato un momento bello perché era la prima partita di Totti come falso 9, tutti erano infortunati e c’ero solo io che ero molto giovane. Totti ha dato spettacolo, Spalletti è stato un genio e da lì è partito il nostro ciclo».

Il rapporto con i senatori

«La mia carriera è un film, una roba incredibile. Arrivo a Trigoria con tutta la famiglia e Bruno Conti ci dà una casa dentro il centro sportivo. In pratica scendevo a fare colazione e trovavo mio padre che parlava con Totti, Montella, il mister… Incredibile. Poi quando vado la prima volta nello spogliatoio a 16 anni vedo che sono vicino a Francesco: abbiamo legato e ci siamo divertiti. Quando parlo di lui dico che è unico perché è una stella del calcio, ma anche una persona umile che scherzava con tutti, a disposizione di tutti. Era il miglior giocatore della storia della sua città e non sentiva mai la pressione, vederlo giocare e allenarsi era una sensazione unica. Il giorno in cui si è ritirato ero con la mia famiglia, è stata una coincidenza, ci siamo tutti emozionati».

Il gol di tacco al Siena nel 2010

«Quel giorno io dovevo andare al Fulham per fare un’esperienza in Premier anche se avevo 17 anni, ma mister Ranieri non era convinto di lasciarmi fuori perché se vincevamo potevamo andare primi o secondi in classifica, non ricordo, quindi sono andato in panchina e poi sarei partito la sera. Eravamo sull’1-1 e mi dice di entrare. Poi faccio quel gol bellissimo. Mi ricordo quella lunga corsa con Daniele De Rossi che mi urla ‘Mammamia che hai fatto, sei matto’. Il mister mi dice ‘Non devi andare via’, io però poi ho preso la mia scelta».

Il rapporto con Cassano

«Una persona fantastica, alla Roma aveva legato anche con mio padre. Ci siamo anche ritrovati a Parma. Un giorno sento bussare alla porta ed era lui. Era un periodo complicato perché ero fuori squadra, lui mi chiese cos’era successo e andò a parlare con i dirigenti del Parma. Li ha convinti e da lì è ripartita la mia carriera perché poi sono andato alla Samp. Da quel momento per me è uno di famiglia».

Quel minuto nel 7-1 di Old Trafford

«Rooney era imbarazzante, faceva il centometrista, Cristiano Ronaldo sembrava sul motorino così siamo andati subito sotto 4-0. Sul 7-0 per l’ultimo minuto il mister mi ha dato la soddisfazione di giocare un quarto di finale di Champions League in casa dello United. Ricordo che dopo la partita tutti noi giocatori venuti dal settore giovanile – io, Totti, Aquilani, De Rossi, Rosi e altri – ci siamo ritirati in una camera ed eravamo scioccati. Dopo quella serata ci siamo stretti ed è partito un nuovo ciclo. In 20 anni di carriera non ho mai visto niente del genere, Ronaldo volava». 

La macchina nuova…

«Da ragazzo devi pensare a lavorare e impegnarti, non a imitare i grandi. Sei in un’altra categoria, ma io mi sentivo già uno di loro. C’erano Menez, Mexes e altri che arrivavano con delle macchine bellissime così decido di prenderla anche io e di arrivarci a Trigoria. Avevo 18 anni. Quel giorno il parcheggio libero era davanti all’ufficio di Spalletti, che mi vede subito. Appena entra nello spogliatoio mi dice: ‘Se domani ti ripresenti con questa macchina puoi anche andare via’. Allora il giorno dopo sono andato con la Smart. Lui voleva farmi capire che quello era un punto di partenza e non di arrivo, ma in quel momento è difficile per un ragazzo».

L’esordio con gol in Nazionale

«La prima presenza in Nazionale è stata a Genova, in casa visto che giocavo alla Samp, per altro in un momento in cui eravamo terzi o quarti con Mihajlovic. Giocavamo contro l’Albania con Antonio Conte c.t.. Ero carico, poi ho toccato quella palla ed è andata dentro, è stato davvero bello».

Rimpianti zero

«La risposta a questa domanda è sempre la stessa: non si può essere tutti Messi o Totti, ognuno ha il suo livello e i suoi limiti. Tanti dicono ‘Quello è scarso’ poi però vai a vedere e ha fatto 15 anni di carriera ad alto livello. Io non potevo chiedere di più, l’obiettivo era dare una vita migliore alla mia famiglia e ci sono riuscito. Zero rimpianti, ho imparato dai miei errori, però aver aiutato la famiglia è stato come vincere 10 Champions League».

Il mito Ronaldo

«Che squadra tifavo? Diciamoo che da piccolo ho sempre tifato Inter per Ronaldo il Fenomeno, avevo tutte le videocassette. Quando c’era Mancini sono anche stato vicino all’Inter, ero dell’Inter in pratica, poi sono successe delle cose e non sono andato lì. Ma non mi sono mai guardato dietro, sono sempre andato per la mia strada».

Sinisa nel cuore

«Io venivo da Parma, come ho detto era stata una situazione difficile. Lui mi ha detto: ‘Tu sei il mio carraramato, se ti metti in forma spacchiamo tutto’. Avevamo un bellissimo rapporto, è una persona carismatica che per me è stata un punto di riferimento».

Diventare allenatore?

«Non credo, dopo tutto quello che ho vissuto non so se avrei il carattere per prendere un giocatore e metterlo fuori rosa. Mi piacerebbe lavorare con i giovani perché essendo stato tanto nel calcio so quello di cui hanno bisogno. Vediamo anche con mio fratello se riusciamo a fare qualcosa».

Su Retegui in Nazionale e la mancanza di attaccanti

«Quando escono le convocazioni in Nazionale sembra un casting televisivo. C’è chi scrive ‘Io sono meglio’, ‘Io sono più bello… “. La Nazionale è un patrimonio di tutti, devi accettare le scelte del c.t.. Oggi invece chiunque le vuole commentare. Se non andiamo tutti nella stessa direzione le cose per la nostra Nazionale non cambieranno».