Il grande caos delle stelle sulle maglie di club e Nazionali

by Redazione Cronache
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Sulla maglia dell’Argentina, dopo la vittoria in Qatar, è spuntata, bene in evidenza, un gradino sopra le 2 precedenti, una nuova stella: “La Tercera”, facile intuire simboleggi la terza coppa del mondo conquistata dalla nazionale albiceleste, in questo 2022, dopo quella casalinga del ’78 e la “maradoniana” del ’86. Oggi ci sembra una banalità che le stelle siano presenti sulle maglie a promemoria dei traguardi raggiunti, ma è una tradizione più recente e complessa di quanto si immagini.

La storie delle stelle sulle maglie delle Nazionali

In principio fu il Brasile, che nel ’74 si presentò ai mondiali da campione in carica, sfoggiando 3 stelle a simboleggiare le vittorie del ’58, ’62 e, quella fresca, del ’70. A seguire fu l’Italia nel 1986 dopo la conquista del suo terzo titolo 4 anni prima, in Spagna (’34, ’38 e ’82). A fine anni ’80 tocca all’Uruguay, i primi campioni del mondo, forti dei loro 2 titoli mondiali (’30 e ‘50) decisero di esporre le loro 4 stelle… Sì, 4 stelle, perché a Montevideo piace considerare anche le vittorie olimpiche del ’24 e ’28 come fossero dei mondiali veri e propri. Nel 1998, in Francia, è la volta della Germania, che espone le 3 stelle conquistate (’54, ’74 e ’90), giusto in tempo per vedere proprio i padroni di casa francesi vincere la loro prima Coppa del Mondo ed esporre, senza attesa alcuna, la loro prima stella.

Nel 2006, finalmente, tutte le vincitrici di almeno una coppa del mondo si presentano al mondiale in Germania con le famigerate stelle: l’Argentina con 2 e l’Inghilterra con la loro unica, casalinga, vittoria del ’66. Il Brasile, strada facendo, na aveva aggiunte altre 2 (’94 e ’02). Da allora, mai più nessun ritardo, con Italia (2006), Spagna (2010), Germania (2014) e Francia (2018) che hanno subito aggiunto una stella subito dopo la conquista della Coppa.

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Come nasce questa tradizione?

Ma la pratica dell’appuntarsi le stelle non nasce sulle maglie verdeoro del Brasile. Nasce in Italia, nella Torino bianconera. È la Juventus che nel ’58, alla conquista del suo decimo scudetto, concorda con la federazione un modo per omaggiare quello storico traguardo: appuntare una stella d’orata sulle maglie. Nasce una tradizione.
Da allora, tutte le nazioni del calcio hanno replicato questa pratica con regole alcune volte molto chiare, altre decisamente fantasiose. Ma andiamo con ordine, la metodologia della Serie A è semplice: ogni 10 scudetti una stella dorata. Al momento solo 3 squadre possono fregiarsi di tale ornamento: la Juventus con 3 (34 scudetti), Inter e Milan entrambe con 1 stella ed entrambe con 19 scudetti. Ma tra i 5 maggiori campionati europei, è l’unica. La vicina Francia non presenta nessuna regolamentazione precisa ed ecco perché possiamo ritrovare solo 2 squadre stellate: Marsiglia e Saint Etienne ma per motivi completamente differenti. Se infatti i Biancoverdi si appuntano una stella tricolore per i 10 scudetti raggiunti (tra il 1956 e il 1981), i marsigliesi ne indossano una dorata per la Champions vinta nel 1993 (unica formazione francese in grado di farlo, ad oggi).

E il Psg? Anche i parigini, dopo lo scorso campionato, potrebbero aggiungere una stella biancorossoblu sulle loro divise ma… non tutti sembrano gradirla. Se per i tifosi è un punto d’orgoglio da esporre ed è stata richiesta a gran voce, la dirigenza preferisce invece lasciare più “pulita” la divisa (forse in attesa di fare come il Marsiglia, ed esporre l’altra stella, quella per la Coppa più ambita d’Europa). Pare si sia trovato un compromesso: le magliette 2022/23 erano già state preparate ed era tardi per modificarle, dalla prossima stagione, la dirigenza ha garantito che la stella ci sarà… ma su una delle maniche, non sopra il crest societario.

La Germania invece, le stelle le ha regolamentate ma in una maniera molto particolare: dal 2004 è stato introdotto il Verdiente Meistervereine  (letteralmente Riconoscimento per squadre vincitrici), che stabilisce che non si contano i campionati vinti 1903 e il 1963 e concede alle squadre di potersi fregiare di 1, 2, 3 o 4 stelle a seconda che abbiano 3, 5, 10 o 20 titoli. Dopo il 30esimo titolo, la quinta. Il risultato è: Bayern 5 stelle (32 titoli); i Borussia 2 stelle ciascuno (8 titoli per il Dortmund, 5 per il M’gladbach); Amburgo, Stoccarda e Werder Brema 1 stella (6, 5 e 4 titoli).

Molto più semplice in Inghilterra e Spagna: firmamento vuoto. Nessuna regolamentazione lo vieterebbe ma le grandi compagini di questi prestigiosi campionati non sembrano voler esporre le loro conquiste, nazionali o internazionali che siano. Solo una nostalgica eccezione: il Nottingham Forrest, che mostra con orgoglio 2 stelle ad imperitura memoria delle Champions vinte nel ’79 e ’80, durante la leggendaria era di Brian Clough in panchina. Rimanendo nel Regno Unito, una menzione d’onore va alla Scozia dove le Old Firm hanno politiche completamente diverse. Il Celtic espone sempre una stella per ricordare la Coppa dei Campioni del 1967 vinta a scapito dell’Inter. I Rangers espongono spesso ma non sempre ben 5 stelle a ricordare i ben 55 titoli di Scozia conquistati. Poi, c’è l’Aberdeen, il team scozzese con più titoli internazionali che, sotto la guida di Sir Alex Ferguson riuscì a conquistare, nel 1983, prima la Coppa delle Coppe e poi la Supercoppa Europea e che dal 2005/06 sono ricordate con 2 stelle rosse in capo allo stemma societario.