Subentrare al 120′ per calciare (o parare) i rigori? I casi più celebri nella storia del calcio

by Giuseppe Pastore

di Giuseppe Pastore

Entrare apposta per tirare un rigore. Meglio (o peggio): entrare apposta per tirare un rigore al minuto 120 o giù di lì, fondamentalmente a freddo, senz’aver altri compiti o responsabilità che quella, pesantissima, di decidere le sorti della tua squadra con un rigore segnato o sbagliato. Che idea. Servono litri di sangue freddo nelle vene del giocatore e ancora prima dell’allenatore, nonché un’indole da pokerista da parte di quest’ultimo, un profilo che riconosciamo in Massimiliano Allegri che ha ritardato fino all’ultimo momento utile l’ingresso di Bonucci, salvo rimanere beffato da un pallone che non voleva saperne di uscire e invece ha finito per entrare.

La storia del calcio è ricca di questi mind games altamente spettacolari, cresciuti proporzionalmente al numero di sostituzioni consentite: nell’ultima finale di Europa League tra Villarreal e Manchester United, disputata a Danzica lo scorso 26 maggio, la possibilità di fare sei cambi ha suggerito ai due allenatori Emery e Solskjaer di conservarsi qualche cartuccia proprio a ridosso dei penalty. Così negli istanti finali dei supplementari entrarono tutti insieme Mata e Alex Telles nello United e Dani Raba nel Villarreal (rispettivamente al posto di McTominay, Wan-Bissaka e Capoue), tutti e tre inseriti nelle cinquine dei rigoristi, tutti e tre a segno – come del resto ventuno rigoristi su ventidue, visto che l’infinito impasse fu sbloccato solamente dal penalty fallito da De Gea al 22° e ultimo tentativo.

 

Limitandoci per brevità alle grandi finali, l’inventore (almeno in Italia) di questa usanza fu il Barone Nils Liedholm, uomo geniale e in molti aspetti avanti di vent’anni. Agli sgoccioli della finale di ritorno di coppa Italia 1981 Torino-Roma, bloccata sull’1-1 come all’andata e ormai incanalata verso i rigori, il tecnico svedese sostituì “Ramon” Turone con Sergio Santarini pochi secondi prima che l’arbitro Michelotti ponesse fine ai supplementari. Evidentemente doveva aver individuato in Santarini qualche dote particolare sconosciuta al resto del mondo, visto che in quattordici stagioni di serie A non si era presentato dal dischetto nemmeno una volta… eppure funzionò: Santarini tirò per terzo, calciò un rigore impeccabile e la Roma vinse la Coppa Italia.

È un “bias” piuttosto diffuso negli appassionati di calcio quello di dare per scontato che, se un giocatore entra apposta per tirare un rigore, quasi certamente lo segnerà. In effetti i casi virtuosi sono la maggioranza: oltre ai già menzionati Mata, Alex Telles e Dani Raba, ricordiamo per esempio Anderson e Belletti, entrati negli ultimi secondi della finale di Champions League 2008 tra Manchester United e Chelsea al posto di Wes Brown e Makelele, entrambi a segno nella lotteria finale. Oppure il celebre (per altri trapattoniani motivi) Thomas Strunz, inserito per Freund dal ct tedesco Berti Vogts al 119′ della semifinale europea 1996 tra Inghilterra e Germania, anche lui freddissimo al cospetto di David Seaman e dei 90mila di Wembley.

Ma non mancano anche i casi opposti, e non sono pochi. La memoria ci riporta per esempio alla magica notte di Wembley dell’11 luglio 2021, quando Gareth Southgate si tirò la zappa sui piedi mandando in campo al 120′ Rashford e Jadon Sancho, autori dei primi due errori inglesi contro Donnarumma. Sempre gli inglesi maledirono non poco Jamie Carragher, fatto entrare chissà perché da Sven Goran Eriksson al 119′ del quarto di finale Mondiale 2006 tra Portogallo e Inghilterra, al posto di Aaron Lennon. Carragher si presentò dal dischetto per quarto, col punteggio pesantemente in bilico (2-1 Portogallo), e si fece parare il tiro da Ricardo; trenta secondi dopo, un giovanissimo Cristiano Ronaldo rimase di ghiaccio davanti a Robinson e trascinò il Portogallo in semifinale.

 

Invece noi italiani non possiamo dimenticare lo sciagurato rigore di Simone Zaza in Germania-Italia 2016: l’allora attaccante juventino era entrato al 121′ al posto del compagno di squadra Chiellini, ma farlo calciare per secondo fu la peggior idea dell’intero Europeo di Antonio Conte. La stessa mossa (Rodri per Pedri al 119′) stava per essere fatale a Luis Enrique durante il quarto di finale Spagna-Svizzera degli ultimi Europei, ma in quel caso le furie rosse riuscirono a raddrizzare la situazione. C’è poi una lunga casistica di portieri mandati in campo al 120′ o giù di lì, estrema mossa psicologica degli allenatori amanti del rischio: il capostipite di questa categoria è l’olandese Tim Krul, spedito sul fronte da Van Gaal negli istanti finali del quarto contro la Costa Rica ai Mondiali 2014. I numeri dicevano che sui rigori Krul avesse statistiche persino peggiori del titolare Cillessen di cui aveva preso il posto: ma i costaricani non lo sapevano, e si fecero ipnotizzare due volte. Nel turno successivo, la semifinale contro l’Argentina finita nuovamente ai rigori, Van Gaal non volle replicare l’esperimento o semplicemente non ne ebbe il modo, avendo già esaurito i tre cambi in anticipo: e vinse l’Argentina. L’esperimento è stato ripetuto quest’estate da Tuchel, quando ha fatto entrare lo spagnolo Kepa per i rigori contro il Villarreal. Lo stesso Kepa aveva platealmente rifiutato di essere sostituito da Maurizio Sarri nella finale di Coppa di Lega 2019 tra Chelsea e Manchester City: il portiere basco era rimasto in campo e non era riuscito a neutralizzare che un solo rigore su cinque, e la coppa andò al City. L’Ulisse di questa speciale casistica, il primo a escogitare un simile escamotage, fu però l’insospettabile Osvaldo Jaconi, “mago” del Castel di Sangro anni Novanta che nella finale play-off di serie C1 girone B del 1996, giocata allo Zaccheria di Foggia contro l’Ascoli, attuò uno stratagemma del genere: al 119′ tolse il titolare De Iuliis (che la prese malissimo) per inserire la riserva Pietro Spinosa, zero presenze in stagione, ma decisivo nel neutralizzare l’ultimo tiro dell’ascolano Milana.

Infine una citazione obbligata per i pochi giocatori entrati apposta per tirare un rigore, ma che poi il rigore non l’hanno tirato perché i rigori… erano già finiti, come Ivan Cavaleiro del Benfica (finale di Europa League 2014 contro il Siviglia) o il bulgaro Petar Mihtarski (ottavi Mondiali 1994, contro il Messico). Il caso più famoso riguarda proprio l’Inter, e sempre a San Siro: finale di Coppa UEFA 1997 contro lo Schalke 04, quando Roy Hodgson sostituì Javier Zanetti a pochi secondi dalla fine per mandare in campo Nicola Berti. Ma gli errori di Zamorano e Winter e l’infallibilità dei cecchini tedeschi impedirono all’Inter di calciare più di tre rigori: agli atti rimase perciò soprattutto questa celebre litigata tra l’inglese e l’argentino, a proposito della quale il futuro capitano nerazzurro chiederà prontamente scusa.