Federico Finotti ha salvato la vita di Andrea Vecchi. Avversari in campo, uniti dal destino

by Redazione Cronache

di Lorenzo Lombardi e Cesare Ragionieri

Il destino unisce le persone e le cambia la vita. Lo sanno bene Andrea Vacchi e Federico Finotti: il primo è un giovane geometra di 24 anni, il secondo lavora in una cartiera in provincia di Rovigo. I due giocano in Terza Categoria veneta e domenica si sono affrontati.

Andrea, difensore della Ficarolese, si è scontrato con il proprio portiere ed è rimasto a terra privo di sensi. Federico, attaccante della Rivarese, gli ha prontamente salvato la vita praticandogli una manovra di primo soccorso nel caos generale.

Abbiamo organizzato un’intervista doppia per permettergli di rivedersi e raccontare le sensazioni a distanza di giorni. Anche se «ormai ci sentiamo quotidianamente, ma vedere Andrea qui è un’emozione fortissima. Sentirlo è una cosa, vederlo un’altra»

Federico e Andrea, uniti dal destino

Fin dalle prime parole di Federico è emersa tutta l’emozione e la felicità nel rivedere, per la prima volta, un Andrea sorridente nella sua camera da letto. «Ci sentiamo quotidianamente, ma vederlo qui è un’emozione fortissima. Sentirlo è una cosa, vederlo un’altra. Noi non ci eravamo mai visti prima e non avevamo mai parlato, se non in campo qualche secondo». È stato proprio il bomber 37enne a chiarire e a spiegarci l’accaduto, perché Andrea di fatto non ricorda quasi niente di quel pomeriggio: «Ho pochi ricordi di quello che è successo. Stavo correndo verso la mia porta, con lo sguardo fisso sul pallone alto, prima dell’impatto con il mio portiere. Poi in ambulanza quando mi chiedevano quanti anni avevo e in che anno fossimo, io faticavo a rispondere. La storia la può raccontare meglio Federico, l’uomo che mi ha salvato».

L’azione quindi, ricostruita grazie alle loro testimonianze è andata più o meno così: su questo lancio, alto e lungo, della difesa della Rivarese, Andrea da buon difensore ha seguito la traiettoria del pallone fino alla propria area. Con lo sguardo fisso sul pallone non si è accorto dell’uscita del suo portiere, che nel tentativo di bloccare il lancio, si è scontrato violentemente con Andrea.

«L’ho visto proprio cadere inerme. Io sono stato lucido a realizzare subito la gravità della situazione. Poi ci vuole anche un pizzico di fortuna. Quando l’ho visto immobile la prima cosa che ho fatto è stata metterlo in posizione di sicurezza e controllarne le vie respiratorie. Non dava nessun segnale di respiro, così ho controllato la lingua. Per il colpo subito aveva gli occhi capovolti e la lingua aggrovigliata che intasava completamente la respirazione. Fortunatamente al primo tentativo sono riuscito a srotolarla e a liberare la sua bocca, e lui è tornato subito a respirare. Lì abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo».

Nel posto giusto al momento giusto

Federico non vuole essere riconosciuto come un eroe o un angelo custode, semplicemente crede di essere stato nel posto giusto al momento giusto. Allo stesso tempo però, avendo vissuto in prima persona il caos e il panico generale scaturito dall’accaduto, ha voluto mandare un messaggio relativo a un tema di primaria importanza come la sicurezza delle persone negli impianti sportivi: «La cosa che più mi preme dire è che in ogni campo da calcio dovrebbero esserci persone qualificate per un primo soccorso. Magari le federazioni possono formare qualche dirigente. Perché quello che ho notato io l’altro giorno è stato un panico generale. Per fortuna ora parliamo di altro, ma se nessuno prendeva in mano la situazione cosa sarebbe successo? Sono cose che possono capitare nella vita di tutti i giorni e bisogna sapere dove mettere le mani».

Provate, immaginatevi solamente per qualche secondo, di trovarvi in una situazione del genere. Di dover fare una scelta, una decisione, nel giro di pochi secondi, che potrebbe salvare la vita ad una persona. Ecco, ora forse riuscirete a comprendere la portata del gesto di Federico. Alla base della sua freddezza, ci sono sicuramente i vari corsi di salvataggio frequentati, ma un conto è la teoria, un altro è la pratica. «Io stesso avevo l’adrenalina a mille, ero concentrato solo su di lui, e solo quando ho visto che era cosciente ho realizzato cos’era successo. Potevano portare via anche me con l’elicottero, ero veramente provato. Purtroppo noi non siamo soccorritori e a certe scene non ci possiamo abituare. Il corso di primo soccorso possono farlo tutti, ma poi le conoscenze vanno messe in pratica. Noi siamo in un paesino piccolo e in terza categoria non c’è l’ambulanza alle partite, quindi i soccorsi ci hanno messo 10-15 minuti ad arrivare».

Più volte nel corso della nostra chiacchierata abbiamo parlato di bravura unita a un pizzico di fortuna e ci siamo ritenuti fortunati a poterne parlare liberamente, ridendoci anche su. Anche perché Andrea è un ragazzo solare, col sorriso stampato in faccia e con lo spirito di una persona che difficilmente mollerà: «Ho sentito Federico la sera stessa mentre ero in ospedale, e non ho potuto fare altro che ringraziarlo di cuore. Senza di lui forse non sarei lo stesso al momento. È stato fondamentale anche se lui non vuole ascoltarmi. Ho pensato anche io a quanto sia importante che qualcuno sappia intervenire in queste situazioni. Tra un mesetto potrò tornare in campo, più forte di prima, a bomba».

Un pensiero ai genitori

Federico ha agito spontaneamente, lasciandosi guidare dal cuore, dimenticandosi per qualche minuto di tutto e di tutti. Già perché sulle tribune, sempre presenti, c’erano anche la moglie e il piccolo Sebastian, figlio di 10 anni. Federico li ha resi orgogliosi: «Sebastian viene sempre a vedermi alle partite, insieme a mia moglie. Quando sono tronato a casa mi ha detto ‘Papà sei sempre il mio supereroe, ma oggi ancora di più’. Sono andato in camera e mi sono lasciato andare in un pianto liberatorio». I figli sono tutto per i propri genitori e proprio per questo i primi a chiamare Federico sono stati proprio il papà e la mamma di Andrea, che non hanno potuto fare altro che ringraziarlo.

«Quando ho realizzato quello che era successo, mi sono messo nei panni dei genitori di Andrea. Io sono papà e ho pensato a quello che avevano potuto provare. Sono stati gentilissimi e non devono ringraziarmi. Ho fatto quello che dovevo fare. Mi ha fatto piacere sentirli e vederli in foto, e sapere che stavano bene. Questo mi rende orgoglioso».

Subito dopo aver letto la notizia ci è venuta in mente l’idea. Sarebbe stato meraviglioso permettere ai due protagonisti di rivedersi e per di più parlare dell’accaduto. E così è stato; ne è nata una conversazione libera ed emozionante, a tratti liberatoria, di due uomini i cui destini hanno deciso di incrociarsi.

«A breve ci incontreremo, appena Andrea starà bene, per berci una damigiana di vino insieme. Quello che è stato è stato, ora siamo fortunati a essere qua».

Non sarà un angelo custode, ma Andrea, come Sebastian, ora hanno un supereroe in più a cui affidarsi.