Come mai Nike sta perdendo tanti top player come testimonial?

by Redazione Cronache

Nike, dal momento della sua fondazione nel 1972, ha sempre avuto testimonial di livello assoluto, in qualsiasi sport, ed ovviamente anche nel calcio. Ronaldo, Maldini, Ibrahimovic, Cristiano Ronaldo, Mbappé.
Nell’ultimo anno, però, si è registrata una sorta di ‘fuga’ da parte di tanti top player testimonial per l’azienda di Beaverton.

La semplice domanda che i più attenti si sono posti, è una sola: perché?

Motivi

Il sito web The Athletic ha provato a dare una risposta, analizzando il fenomeno nel dettaglio.
La lista dei nomi dei giocatori di livello internazionale che hanno deciso di abbandonare Nike nel 2020 è piuttosto ricca: Neymar (su tutti), poi Thiago Alcantara, Sergio Ramos, Raheem Sterling e Eden Hazard.

La prima ricostruzione sosterrebbe la tesi per cui, oggi, si cerchi una sorta di continuità tra club e giocatore. Esempio pratico per capirci meglio: il Manchester City è sponsorizzato da Puma e quindi ora, secondo le ultime indiscrezioni, Sterling starebbe pensando di firmare per l’azienda tedesca. In questo modo, Puma gestirebbe sia la squadra che uno dei giocatori di punta di Pep Guardiola. Inoltre, sempre secondo The Athletic, il marchio in questione vorrebbe scalzare Nike come fornitore ufficiale della Nazionale inglese, così da completare il ‘pacchetto’.

Una fonte vicina al magazine americano ha rivelato che…

«Ha senso che quei club investano in quei giocatori legati al marchio perché possono commercializzare le cose insieme. La consapevolezza di avere diversi atleti di marca può anche proteggere i loro prossimi accordi di magliette se il marchio principale è uno sponsor esistente».

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Etica

Un’altra motivazione piuttosto valida è quella che coinvolge anche il punto di vista etico delle aziende produttrici di materiale sportivo. La strategia di marketing di Nike è cambiata e questo perché è mutata anche l’attenzione verso certi temi. Come riportato da NSS Magazine – Sport, «sostenibilità, ingiustizia sociale e emergenza climatica sono alcuni dei nuovi obiettivi che Nike vuole soddisfare. Da questo punto di vista, l’azienda ritiene che giocatori come Rashford, Sancho o Mbappé (talenti in campo, immagini di riscatto da una realtà problematica fuori) siano icone ipoteticamente meglio sfruttabili di altri top player, come Asensio o Coman».

Visibilità

Per ultimo, ma forse il più importante e influente dei motivi che spingono certi top player a voler cambiare il proprio sponsor, c’è il tema della visibilità, intesa proprio come importanza gerarchica della propria immagine all’interno di una determinata azienda.
In parole povere, prendendo come esempio il passaggio di Neymar da Nike a Puma, l’atleta di una certa caratura e con un prestigio planetario punta sempre a trovarsi come primo uomo immagine di un marchio. Infatti, il fuoriclasse brasiliano si è assicurato un ricco contratto con il nuovo sponsor di cui è diventato, ovviamente, anche il primo volto per distacco.
Volendo ‘giocare’ con le figurine, se andiamo a guardare bene, ora la triade è perfettamente distribuita sul mercato: Neymar con Puma, Messi (contratto a vita) con Adidas e Cristiano Ronaldo con Nike. L’azienda a stelle e strisce, in più, può ancora vantare top player del calibro di Lewandowski e Mbappé nella propria ‘scuderia’, oltre ad Haaland e tanti altri talenti che potrebbero affermarsi al top nei prossimi anni.
Il cerchio si chiude e i conti, almeno per ora, sembrano tornare.

Strategia

Sempre restando nel ‘mondo Nike‘, c’è da sottolineare come questa ‘fuga’ di testimonial non sia poi vista come un dramma da parte di John Joseph Donahoe II, attuale CEO dell’azienda.

Oliver Hunt, fondatore di Onside Law, (studio legale londinese specializzato in sport, media e entertainment, ndr), ha spiegato il motivo di questa ‘leggerezza’ di Nike nel perdere determinati testimonial. Ecco le sue parole in una recente intervista rilasciata a Vogue.

«Quando consigliamo alle persone, sia sponsor che club, devi distinguere tra il club e le persone al suo interno. E l’errore più grande è quello di attribuire qualsiasi valore alla sponsorizzazione ai giocatori all’interno del club».

Tradotto, oggi Nike ritiene che continuare ad avere i migliori club del mondo sia più proficuo di avere i migliori giocatori.

Sempre secondo quanto riportato da NSS Magazine – Sport, i tempi sono cambiati radicalmente rispetto a quando Nike spopolava con gli spot incentrati su una figura soltanto, come quelli di Joga Bonito, che hanno letteralmente segnato un’epoca.
Oggi «i campioni sono tantissimi, i giocatori potenzialmente fenomenali (e commerciabili) ancora di più. Il calcio di oggi è proprio dettato dai ritmi e le giocate di giocatori under 25 che poco più che ventenni contano già Champions vinte e centinaia di partite fra i professionisti. La strategia di Nike potrebbe essere proprio questa: scegliere loro, i talenti della next gen, piuttosto che i mastodontici top player».

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