Tyler Adams voleva soltanto andare al ballo di fine anno

by Matteo Lignelli
Tyler Adams

«È un leader nato, ci guida con le sue parole e le sue azioni». Per un giocatore di 23 anni sentire il proprio allenatore, Gregg Berhalter, pronunciare una frase del genere fa salire i brividi lungo tutto il corpo. Del resto quella è una delle difficoltà che hanno i ragazzi: farsi ascoltare. Un problema che Tyler Adams, il capitano più giovane dei Mondiali di calcio, non ha mai avuto. È lui a indossare la fascia degli Stati Uniti nonostante condivida lo spogliatoio con un giocatore molto più esperto, e vincente, come Christian Pulisic. Uno che viene soprannominato ‘Capitan America’. Non dev’essere semplice, ma sono stati i suoi compagni a incoronare Adams.

Tyler Adams ha realizzato il suo sogno

È la sua prima Coppa del mondo, però con gli Usa arrivati agli ottavi di finale e una serie di prestazioni convincenti ha già tutti gli occhi addosso. A maggior ragione adesso che sta per iniziare il calciomercato. Parliamo di un centrocampista di grande sostanza e carattere, che può ricoprire ogni ruolo. Per averlo il Leeds ha speso una ventina di milioni in estate, anche perché sulla panchina inglese c’era un allenatore che lo conosce benissimo: Jesse March. L’uomo a cui ai tempi del liceo, la Roy C. Ketcham High School, ha dovuto chiedere il permesso per andare al ballo di fine anno. Un particolare che ci ricorda quanto sia necessario, ma anche difficile, bruciare le tappe.

Nato a Wappingers Falls, nello stato di New York, fin da bambino ha frequentato lo stadio della squadra locale targata Red Bull. Un tifoso vero, come se ne vedevano pochi in America se paragonati ad altri sport. Ma lui amava il calcio e la sua carriera da playmaker, per dire, non è mai decollata nonostante a scuola dimostrasse una certa abilità. Uno dei nonni, tra l’altro, era arrivato a New York dalla Scozia portando con sé soltanto il tifo per i Rangers. «Mio zio Alan ha un cane chiamato Ranger – ha raccontato una volta – e abbaia se sente la parola ‘Celtic’. Una volta non mi hanno fatto sedere a tavola perché avevo la maglietta verde». Comunque sia alla fine Tyler Adams è riuscito a realizzare il suo sogno: è stato accettato nell’Academy dei New York Red Bulls e a esordire in prima squadra a fine 2015. Aveva solo 16 anni. Il tecnico, per l’appunto, era Jesse March.

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Un ‘prodotto’ della fabbrica Red Bull

Come può, racconta di quei 240 chilometri all’andata a e al ritorno percorsi ogni giorno per allenarsi. Niente di eccezionale, è vero, ma comunque un sacrificio dice lui. Ripagato quando è diventato il primo calciatore uscito dalla scuola di sviluppo newyorkese della Red Bull a firmare un contratto da professionista. La prima stellina d’oltreoceano. Un ‘prodotto’ a tutti gli effetti dell’azienda di Dietrich Mateschitz visto che la sua crescita è proseguita al Lipsia, altra società del gruppo. Nel 2020, con Nagelsmann in panchina, è stato proprio un gol di Adams all’88’ a eliminare l’Atletico Madrid e lanciare i tedeschi in semifinale di Champions. Mentre a maggio ha vinto la Coppa di Germania. Poi, dopo tre stagioni al Lipsia, ha accettato la proposta del Leeds dove ha ritrovato, indovinate… Jesse March.

Henry, l’università e le foto

New York, inoltre, gli ha dato la possibilità di stare insieme al suo idolo Thierry Henry. «È uno dei motivi per cui gioco a calcio, aveva uno suo poster e guardavo spesso i suoi gol con Arsenal e Barcellona» ha confidato. A un certo punto è cresciuto e ha iniziato ad allenarsi con lui. Fuori dal campo quel che raccontano di Tyler Adams è la passione per la fotografia e l’attaccamento alla famiglia: nel 2018, per Natale, ha regalato a sua madre un’auto nuova di zecca. In più si era iscritto alla Southern New Hampshire University quando ancora giocava negli Stati Uniti. Più avanti vorrebbe dedicarsi alla psicologia applicata allo sport.