Gabrieli, da San Siro alla finanza: «È sempre una questione di rischio»

by Francesco Pietrella
Ugo Gabrieli

In fondo fa lo stesso lavoro: gestire i rischi. In porta è più semplice, bastano i guanti, ma il suo presente impone molto studio. «Sono innamorato di questa professione». Consulente finanziario. Ugo Gabrieli volava tra i pali, ha debuttato dal 1’ a San Siro contro l’Inter e poi ha aspettato l’onda giusta per tutta la vita, senza mai trovarla. «Il calcio mi ha un po’ deluso, quindi ho ricominciato». Tutto grazie all’assist di un amico arrivato nel 2019. «Ci sarebbe un lavoro di questo tipo, che ne pensi?». Ugo frequenta un corso di formazione alla Bocconi e si tuffa in un’altra professione. Col tempo capisce che gli piace e lascia anche il pallone. «Mi sono divertito in Promozione, ma ora non riesco più a conciliare». 

Risk management

Ugo ha 32 anni, lavora nel Salento e prende un paio di treni a settimana. Su e giù per l’Italia: «In Italia c’è poca educazione finanziaria, soprattutto nel calcio. Pianificare, gestire rischi, vari stop. L’ho subito anch’io sulla mia pelle. Nel 2010, prima dell’esordio in Serie A, ho rimediato un brutto infortunio alla spalla. Mi ha condizionato un po’. Se resti invalido cosa succede? Avere una copertura è fondamentale». Ugo aiuta le famiglie: «L’azienda si chiama ‘Solyda’, facciamo consulenze. Prima facciamo un’analisi dei bisogni, risk management, poi troviamo la soluzione giusta». Altro mondo. «È comunque una questione di rischio. Quando sei in porta spesso ti guida l’istinto. Ora aiuto gli altri a pianificare»

«Wow, sono a San Siro»

Il calcio fa parte del passato, anche se ogni volta che si guarda indietro sale un filo di malinconia. Ugo ha giocato solo due partite in Serie A, la prima contro il Parma e la seconda contro l’Inter a San Siro. Andiamo con ordine: «Al Tardini ero l’unico portiere in panchina, Turbacci e Benassi erano infortunati, ma dopo mezz’ora Julio Sergio si fa male e Cosmi chiama me». Il Lecce incassa tre gol, ma l’esordio resta. Dicembre 2011: «Aspetta, non è finita. Tre giorni dopo giochiamo a San Siro. Io ho 22 anni, sono cresciuto nel Lecce, aspetto quel giorno da tutta la vita. Sul pullman sono un po’ teso e i compagni se ne accorgono, così Carrozzieri si avvicina e fa ‘Ugo, stai tranquillo, è capitato anche a me, gioca come sai e stai sereno’. Da lì ho acceso l’interruttore e ho azzerato tutto. Quando sono uscito dal tunnel ho detto ‘wow, sono davvero qui, ce l’ho fatta’. Dopo venti minuti andiamo addirittura in vantaggio». Gol di Muriel, ma l’Inter ne fa 4: «Non importa, bastava esserci». 

«Paloschi, quanti scherzi»

A fine anno il Lecce retrocede in B, ma viene declassato in Lega Pro per via del calcioscommesse. «Il mio rimpianto più grande. Purtroppo la società andò in autogestione e non ci fu un seguito. Giusto sei mesi in C». Ugo viene sballottato in giro per l’Italia – Casale, Martina Franca, Prato, Gallipoli -, ma senza mai trovare il posto giusto: «In Italia fai fatica a trovare spazio con le regole sugli Under. Li piazzano tutti in porta». Nel suo c.v. anche un passato nelle giovanili azzurre: «Io, Okaka, Paloschi, Poli, Viola. Avrei scommesso su di lui, era forte forte. Come Darmiam del resto. Eravamo compagni di stanza, gli dicevo sempre che sarebbe diventato il ‘Maldini del Milan’. Se penso a quei tempi ricordo 5-6 diciassettenni che ridono insieme. Il più scatenato era Paloschi, ci faceva penare, un continuo di scherzi e battute. Quanto mi sono divertito». 

Muriel e Cuadrado

Gabrieli era anche con Muriel e Cuadrado a Lecce: «Luis mi ricorda Ronaldo. I colpi, le movenze, la tecnica di tiro. Io, lui e Juan ci stuzzicavamo di continuo. A fine allenamento provano tiri in porta e punizioni, io li sfottevo parando… di testa». Polaroid da un passato lontano, ma bello. «Ogni tanto vado a trovare i magazzinieri e qualcuno dello staff. Ho giocato a Lecce 15 anni, certi rapporti sono rimasti. E quando posso vado allo stadio». In giacca e cravatta, coi guanti nella valigetta.