a cura di Cosimo Bartoloni, Giacomo Brunetti, Andrea Consales, Matteo Lignelli e Francesco Pietrella

Cinque storie dell’Uruguay.

Che eredità ha lasciato il Maestro Tabárez? La novità è la sua assenza.

 

Che eredità lascia Tabárez?

 

Dei 75 anni di Óscar Washington Tabárez Sclavo, 15 sono a tinte celesti. El Maestro, soprannome legato alla sua precedente professione d’insegnante: «Hanno in comune una cosa. L’alunno, come il calciatore, deve dare un senso a quel che sta facendo». Ex difensore, tra 1967 e ’78, Tabárez ha allenato oltre trent’anni tra Uruguay, Colombia, Argentina, Italia – Cagliari, Milan, ancora Cagliari – e Spagna. La Celeste l’allena due volte: tra il 1988 e il ’90 – partecipa al Mondiale in Italia – e poi dal 2006 al 2022. Quattro Mondiali: terzo posto nel 2010, fuori agli ottavi nel 2014 e ai quarti in Russia. Nel mezzo, nel 2011, vince la Copa América. Allena in 221 gare ufficiali (104 vittorie), di cui 20 ai Mondiali. Guinness world record: gli è conferito a novembre 2019, c.t. più longevo di una Nazionale. E la sua filosofia, in compenso, è distillata in un libro: “El camino es la recompensa”.

 

 

Diego Alonso, il nuovo che avanza

 

Il 19 novembre 2021, Tabárez non è più c.t. dell’Uruguay. L’addio è straziante, dopo una sconfitta per 3-0 a La Paz contro la Bolivia. Quarto k.o. di fila, La Celeste settima nelle qualificazioni. Qatar a rischio? El Maestro non cede: «Non mi arrendo, né mi dimetto». Il tempo passa, e non impatta solo sul bastone che Tabárez usa per via della neuropatia da cui è affetto. «L’esonero non intacca il gran contributo di Tabárez al calcio uruguaiano», fa sapere l’Asociación Uruguaya de Fútbol, che sceglie Diego Martín Alonso López, detto Tornado. Ha 47 anni, è nato a Montevideo ed è un ex attaccante. Proviene dall’Inter Miami di David Beckham, prende l’Uruguay e vince le 4 gare di qualificazione restanti. La Celeste va in Qatar. Grazie ad Alonso e al suo motto toystoriano, «hacia el infinitio y más allá». E nello staff c’è il Profe Óscar Ortega, ex arma segreta del Cholo a Madrid.

 

 

Cavani e Suárez, il Matador e il Coniglio

 

C’erano una volta un Cigno, un Coniglio e un Matador. Il Cigno è il biondo Diego Forlán Corazo da Montevideo, mentre Coniglio e Matador condividono anno (1987) e luogo (Salto) di nascita. Sono Luis Alberto Suárez Díaz ed Edinson Roberto Cavani Gómez. E sono anche la coppia di attaccanti puri più forte di sempre? Il primo tra Olanda, Inghilterra e Spagna, è tornato al Nacional in estate e ha vinto il campionato d’Uruguay. Il secondo: da Palermo a Napoli, poi 7 anni al PSG e lo United, quest’anno già 4 gol in 7 gare al Valencia di Gennaro Gattuso. I gol? Una costante: Suárez ne ha segnati 349 in 529 partite, Cavani ne ha segnati 266 in 461 partite. Trofei? Stavolta il migliore è Edi: Suárez ne ha vinti 20, Cavani 25 (di cui 22 a Parigi). Con La Celeste? Sono 58 in 133 gare per Cavani, 68 in 134 per Suarez. Ma quindi, sono la coppia di attaccanti puri più forte di sempre?

 

 

Abreu, 32 squadre e un cucchiaio

 

S’è detto di Suárez e Cavani, aggiungi Diego Forlán – 224 gol in 593 gare e 10 trofei – e trovi gli attaccanti con cui Tabárez vince la Copa América 2011. Ce ne sono altri due: uno è il palermitano Abel Hernández, l’altro è Washington Sebastián Abreu Gallo. Non serve un pretesto per parlare di lui. Ma iniziamo dal soprannome, El Loco, più che mai azzeccato perché Abreu si ritira a giugno 2021, a 44 anni, dopo aver giocato in 21 squadre diverse tra Uruguay, Argentina, Spagna, Brasile, Messico, Israele, Grecia, Ecuador, Paraguay, El Salvador e Cile. E ci ripensa: firma il 31 agosto del 2021 con un club uruguagio, l’Olimpia de Minas, il suo 32° in una carriera di 857 partite e 468 gol in 26 anni. Partecipa a due Mondiali, 2002 e 2010. In Sudafrica, il 2 luglio 2010, spezza il cuore al Ghana e porta l’Uruguay in semifinale. Da buon Loco, lo fa dal dischetto e con un cucchiaio.

 

 

De Arrascaeta, cavalli e “caneta”

 

Ora ha 28 anni, ma Giorgian Daniel de Arrascaeta Benedetti è da anni sui taccuini di tanti. Specie dopo il Mondiale U20 del 2013. L’Uruguay suo (e Rolán, Avenatti e Laxalt) perde la finale con la Francia di Pogba, Veretout e Bahebeck. La Roma compra Nico López – farà flop, oggi è in Messico – e su De Arrascaeta ci sono PSG, Barça, il CSKA Mosca che lo cerca per sostituire Keisuke Honda, il Borussia Dortmund, forse l’Inter. Morale della favola? De Arrascaeta ora ha 28 anni e non è mai uscito dal Sudamerica. Sette anni al Defensor tra giovanili e grandi, poi Brasile (dove storpiano il suo cognome in Arrascaneta: “caneta” in portoghese è il tunnel). Prima Cruzeiro, poi Flamengo dal 2019, con cui vince tanto, specie due Libertadores. Si chiama Giorgian come il cavallo con cui suo padre correva all’ippodromo di Montevideo. E allo scorso Mondiale indossava il numero 10.