Guglielmo Vicario ci risponde dopo la vittoria dell’EL: ‭«Tutto iniziato con quella riunione di Postecoglou…»

by Giacomo Brunetti

L’emozione è palpabile. La voce è poca, la medaglia al collo. Appena rientrato a Londra con un volo diretto da Bilbao, dove ieri sera ha vinto l’Europa League contro il Manchester United. Guglielmo Vicario ce l’ha fatta. Ha festeggiato tutta la notte con i compagni, gli amici e le persone a cui vuole bene dentro l’hotel del Tottenham: «Era un obiettivo fin dall’inizio, da quando è partita la campagna europea, sapevamo che potesse essere alla nostra portata, ovviamente andando incontro a tante situazioni complicate, dal girone fino ai turni eliminatori, ma ci abbiamo davvero sempre creduto e il primo a farlo è stato mister Postecoglou, che ci ha sempre spronati e ci ha sempre tenuti incollati alla possibilità di poter portare questo trofeo a casa e di scrivere la storia di questo club».

Come detto, adesso è tempo per la gioia: «La società aveva organizzato una festa in hotel con familiari, parenti e amici. Siamo stati tutti insieme, è stato emozionante. Ho finito la voce, ma non mi sono mai tolto la medaglia dal collo. Solo per dormire perché il laccio è un po’ scomodo. Ci voleva: festeggiare con chi è stato sempre al tuo fianco, con le persone che ti vogliono bene e con questi ragazzi con cui abbiamo coronato un sogno», ci racconta.

Ange Postecoglou è stato il cardine attorno a cui è nato questo successo. A partire da un momento, durante la scorsa estate «prima dell’inizio della stagione, ha convocato una riunione con Son (il capitano, ndr), Romero e Maddison, che erano i due vicecapitani, ma ha aggiunto anche me dicendomi ‘Vic, per quello che hai dato a questa squadra l’anno scorso, penso che tu debba far parte di questo gruppetto. È vero che sei qui da poco, ma ho bisogno di voi 4 per creare la spina dorsale per raggiungere qualcosa di storico e speciale’. Oggi è il giorno in cui possiamo dire che ce l’abbiamo fatta».

Un uomo che si era messo in disparte, sul palco, durante i festeggiamenti. E che «preme affinché i protagonisti siano i giocatori, che si prendano tutte le gratificazioni della serata, ma per noi era doveroso e corretto che lui fosse in mezzo a noi per festeggiare e celebrare la vittoria. Lui è stato il capopopolo di questo storico trionfo nella storia degli Spurs. Era doveroso che fosse lì con noi in questo momento epico che ricorderemo per tutta la vita». D’altronde, «è stato la persona che mi ha voluto portare al Tottenham, per questo gli sarò sempre grato a vita. Mi ha scelto e ha creduto subito in me, responsabilizzandomi, soprattutto in questa stagione. Arrivavo da un campionato differente e da un ambiente diverso, come se fossi un novellino che doveva ritagliarsi il proprio spazio e conquistarsi la maglia. Lo scorso anno mi ha permesso quindi di arrivare a questa annata con un’altra consapevolezza».

Un momento fondamentale è stato quando Micky Van de Ven ha salvato sulla linea un gol praticamente segnato dal Manchester United, «è stato qualcosa fuori dalle leggi della fisica, mi ha salvato la vita. È stata una situazione un po’ sfortunata: vai sulla palla alta, ti scontri con un compagno, la palla cade e rimane lì. Ci è mancata un po’ di comunicazione e lui ha fatto una cosa sfidando la fisica, un intervento storico. Ha messo quella gamba sulla coppa». Lui, insieme a Romero, rappresenta per Vicario «una coppia che si sposa e combacia perfettamente. Un destro e un mancino, uno più forte nella copertura dello spazio e l’altro più forte sull’uomo. Sono i miei due bodyguard e con loro andrei a fare qualunque tipo di guerra».

Garnacho ha definito Romero il difensore centrale più forte del mondo: «Cuti ha una consapevolezza dei propri mezzi e un’attitudine battagliera che lo esaltano. Tecnicamente, sia come fase difensiva che in fase di costruzione, è un difensore moderno, ha i piedi buoni ma rimane anche un difensore vecchia scuola, forte sull’uomo e si esalta in certi tipi di prestazione. Più l’attaccante da marcare è forte, più la sua partita è di livello alto. Ovviamente avendo come compagno anche Van de Ven, che è strepitoso».

Una vittoria anche per il capitano Son, una bandiera da quelle parti. E che finalmente è riuscito ad alzare un trofeo: «È un ragazzo molto disponibile e gentile, consapevole delle sue qualità. È un ragazzo che va coccolato. È nostra responsabilità farlo sentire il capitano al centro di tutto, come leader tecnico. È una persona di una bontà eccezionale, sono contento di aver contribuito a questo suo successo con la maglia del Tottenham: era 10 anni che lo cercava, ha giocato magari con rose anche più forti, con giocatori di livello letteralmente mondiale, che però non c’erano riusciti. È qualcosa che ci legherà a vita e ce lo porteremo dentro per sempre. Sono sicuro che magari tra 25 anni ci rincontreremo qui a Londra a vedere una partita del Tottenham e saremo sempre ricordati come quelli che hanno vinto l’Europa League nel 2025 e hanno riportato il trofeo a casa dopo 41 anni».

A fine partita, però, per qualcuno dei suoi compagni (tra cui Son) mancava la medaglia. Sul palco, infatti, sono rimasti senza, un equivoco che la UEFA ha risolto immediatamente, portando «la medaglia subito negli spogliatoi, si sono scusati». Un mistero presto svelato: «Non si aspettavano che fossimo così tanti giocatori ieri, perché con noi c’erano anche i ragazzi infortunati, che hanno tirato la carretta tutto l’anno e stanno soffrendo. Non potevano essere disponibili per la finale, ma era giusto che fossero con noi e ovviamente hanno avuto un ruolo fondamentale per spingere la squadra. Era giusto e doveroso che ci fossero tutti, dal primo all’ultimo».

E così anche Son ha potuto festeggiare: «Nella semplice quotidianità tutti i giorni ci incontriamo, ci salutiamo, ci abbracciamo forte e si comincia a fare la nostra giornata. Le sfide ai rigori che si fanno in allenamento sono momenti che porterò sempre dentro, che mi accompagneranno per tutta la vita e che potrò raccontare tra 40 anni ai miei figli e dirgli che cosa ho vissuto e con che grandi campioni ho giocato. Lui sicuramente fa parte di questi, perché per quello che ha fatto per il suo paese, per il suo continente, rimane per me il più grande giocatore asiatico che sia mai esistito».

La storia di Vicario parte da Udine, dov’è nato e dov’è cresciuto anche calcisticamente nell’Udinese. Il prossimo 13 agosto la Supercoppa Europea, dove affronterà con il suo Tottenham la vincitrice della Champions League, si svolgerà proprio lì. Gli abbiamo chiesto: «Ci hai pensato che la Supercoppa europea si giocherà proprio a casa tua?». Ci ha risposto con sincerità: «Ovviamente. A inizio stagione, per un po’ di sana scaramanzia non ci ho voluto mai pensare troppo, perché ti sembra un qualcosa che non accadrà mai, che è irrealizzabile. La bravura, il fatto di averci creduto da parte nostra… è un po’ il segno del destino. Ci sarà questo cerchio che si andrà a chiudere proprio a Udine, giocando in un’altra competizione europea, nello stadio in cui sono cresciuto, dove andavo a vedere la squadra della mia città. L’opportunità di giocare questa finale a casa è qualcosa di indescrivibile. Non saprei da dove partire, perché è un cerchio che si chiude, qualcosa che mi voglio vivere al 100%».

Lui, che dalla Serie D al Fontanafredda, in Friuli, ha vinto una competizione europea: «È una storia fantastica. Il cerchio che si è chiuso ieri sera parte da lontano. Sono stati 10 anni di grandi esperienze in ogni categoria. Ho ricevuto tantissimi messaggi dai miei ex compagni del Fontanafredda in D. Queste sono emozioni impagabili». Origini che non ha mai dimenticato: «Adesso, a metà giugno, ci sono i 100 anni del Fontanafredda, a cui voglio a tutti i costi essere presente. Tornare là, dove tutto è iniziato, da campione d’Europa, è qualcosa che non avrei mai minimamente potuto immaginare. Sono sicuro che i miei ex compagni di Fontanafredda ne sono orgogliosissimi e posso dedicare anche una parte di trofeo a loro per avermi aiutato a formarmi e guidarmi in questo percorso vittorioso. Ora sono in Eccellenza, hanno fatto un buon campionato, certo che li seguo! Poi, tra l’altro, l’allenatore del Fontanafredda attuale è il mio ex capitano di 10 anni fa. Quindi seguo i risultati. Hanno fatto un ottimo campionato, non sono riusciti a essere promossi. Faccio il tifo per loro: spero che tornino presto in D. Sarebbe bello un giorno, tra qualche anno, portare Son a vedere il Fontanafredda!».

Le emozioni nella serata di Bilbao sono state molteplici e soprattutto condivise con chi c’è sempre stato. Famiglia, amici: «Allo stadio c’era uno dei miei migliori amici, con cui sono cresciuto, e fare la foto insieme con la coppa, con la medaglia al collo, io e lui… indescrivibile. Siamo cresciuti veramente uno fianco all’altro». Ma anche messaggi: «Un altro mio amico prima della partita mi ha scritto: ‘Mi raccomando, comportati come quando giocavamo a calcio in riva al mare e tu ti tuffavi in mezzo ai bidoni della spazzatura, mentre io ti calciavo’. E poi alla fine vinci davvero. Sono messaggi che ti riempiono veramente il cuore per quello che poi alla fine è il percorso a cui sono andato incontro e che ho avuto la fortuna di fare, che si è chiuso con questa ciliegina sulla torta ieri sera».

Stamattina, prima che i suoi genitori ripartissero, ha passeggiato con loro per Bilbao: «Dopo la festa sono uscito dall’albergo con loro, era molto tardi… o molto presto, non ricordo. Siamo stati insieme, per la mia famiglia sono stati dei momenti pazzeschi, pieni di tutto, dove hanno ripagato i sacrifici di questi anni. Li ho riaccompagnati per un pezzo di strada per l’aeroporto».

Guglielmo Vicario ha coronato un sogno e ha portato un pezzo di Italia sotto i riflettori dell’Europa League.