Vincenzino s’è fatto Grande.

by Redazione Cronache

Il calcio è uno sport magnifico e complicato.
Tutto si snoda tra attimi che decidono la vittoria e la sconfitta, il successo o il fallimento, che determinano la consacrazione di un talento o il suo eterno oblio.
Vincenzo Sarno, a 28 anni, può dire di aver vissuto tutto, ciclicamente, come il serpente Uroboro che, mordendosi la coda, dà vita ad un cerchio senza fine.
A 11, nel 1999, Vincenzino sale agli onori delle cronache nazionali per essere appena stato acquistato dal Torino, con l’etichetta di Nuovo Maradona, per la cifra monstre di 120 milioni di vecchie Lire.

È l’inizio di un tunnel che lo porterà, nel giro di qualche mese, prima a ritornare a casa, in preda alla saudade per la sua Secondigliano, poi a girovagare, da adulto, tra squadre di Serie C in cerca del definitivo salto di qualità, che arriverà solo 17 anni dopo, a Foggia alla corte di De Zerbi. Ma partiamo dall’origine.

Vincenzino a Torino non si ambienta, i compagni lo chiamano terrone, fa freddo e gli allenamenti sono eccezionalmente duri per un ragazzino di 11 anni, anche piuttosto gracile, abituato fino a quel momento a rincorrere il pallone tra i viottoli di Secondigliano, dove il sole ti bacia forte e i balconi colorati ti fanno sempre sentire in mezzo ad una festa di paese.
Non regge le pressioni e già a fine anno ritorna, in prestito, alla società che lo aveva lanciato: la Gaetano Scirea.

Ero un ragazzino e all’epoca ho subito poco l’onda mediatica dato che non la potevo capire. Ho cominciato a capire più tardi, a partire dai sedici anni; per me è ormai un passato remoto, non ho piacere a parlarne e talvolta faccio fatica anche a ricordare quei momenti. Ho subito troppe pressioni e vissuto non pochi momenti difficili per le etichette che mi furono affibbiate come quella di ‘nuovo Maradona’. Il calcio mi ha privato certamente di qualcosa, mi ha tolto serenità.

A Secondigliano rimane altri tre anni, ma il diamante, anche se grezzo, brilla come il mare di luglio e il destino decide di regalargli una seconda, enorme, possibilità.
Lo chiama la Roma, per gli Allievi Nazionali, dove alterna sprazzi di talento stellare a momenti di buio cosmico.
Alla Capitale non si fidano, fiutano l’odore della paura e Vincenzo, all’epoca 17enne, finisce alla Sangiovannese, dove inizia anche il suo lungo peregrinare tra il calcio che non conta abbastanza.
Nell’ordine, la sua meteora incendia i cieli di Brescia, Potenza, Milano sponda Pro Patria, Reggio Calabria per una veloce parentesi in B, Lanciano e Chiavari.
Fino al 2014, quando la meteora incrocia finalmente l’atmosfera ed inizia a brillare di una luce splendente e a far intravedere qualcosa di magico.
Atterra a Foggia, dove ad aspettarlo c’è Roberto De Zerbi, un altro che il proscenio del Grande Calcio lo ha vissuto da attore non protagonista e che, forse, può nascondere nel taschino la chiave per far sbocciare un talento così grande.
Alla corte dei satanelli Enzino diventa un idolo, collezionando in due anni 28 gol e più di 30 assist per il suo compagno Iemmello che, anche grazie ai piedi fatati di Vincenzo, segnerà la bellezza di 42 gol in due stagioni. Ad oggi Vincenzo sembra finalmente maturo, pronto alla consacrazione e—perché no?—al salto tra i Big con il Foggia.
Forse, le favole hanno ancora un lieto fine.
Vai, Vincenzi’. Ora che sei sul più bello, non smettere di sognare.