Dal Crotone di Nicola fino a Mazzarri e Ranieri: le più grandi volate salvezza

by Giuseppe Pastore
salvezza

Gli inglesi le chiamano “The Great Escape”, come il film con Steve McQueen: la Grande Fuga dall’inferno della retrocessione, e del resto l’escapologia è proprio l’arte – tipica dei prestigiatori – di sapersi tirare fuori da situazioni apparentemente senza speranza, legati e incatenati sul fondo di un barile pieno d’acqua, o cose del genere. Imprese che hanno un corrispettivo sportivo nella fuga in avanti che sta progettando la Salernitana di Davide Nicola, che può cullarsi al ricordo di altre prodezze simili negli ultimi 40 anni di serie A.

2016-17 – Crotone (Davide Nicola)

La più recente, quella che sta facendo da faro ai sogni della Salernitana. A 9 giornate dalla fine il Crotone, absolute beginner della serie A, è penultimo a 14 punti, a -8 dall’Empoli quartultimo. Bene: per motivi felicemente inspiegabili ne farà 20 nelle ultime nove, quadruplicando la media punti grazie alla miracolosa condizione psico-fisica di giocatori che balleranno ad alti livelli per una sola primavera, come lo svedese Rohden o le due punte Trotta e Falcinelli, mai più riconfermatesi in serie A. Allo Scida cade l’Inter di Pioli, si ferma il Milan di Montella, i calabresi vincono a Verona contro il Chievo e a Marassi contro la Sampdoria. All’ultima giornata devono battere la Lazio, già certa di un posto in Europa, e sperare che l’Empoli non vinca in casa di un Palermo già retrocesso, ed è proprio quel che succede, grazie anche all’estemporanea doppietta di tale Andrea Nalini, ex saldatore e magazziniere nel reparto wurstel dell’AIA, il che gli vale una nomea di “Jamie Vardy italiano”. Saranno i suoi unici due gol in serie A. Il Crotone non era mai stato fuori dalle ultime tre della classifica prima di quell’ultima giornata.

2013-14 – Sassuolo (Eusebio Di Francesco)

Inizio da incubo, con 4 sconfitte nelle prime 4 e l’onta dello 0-7 in casa contro l’Inter. Poi si rivela la stella di Berardi (memorabile il suo poker al Milan che causa l’esonero di Allegri), ma il rendimento è troppo altalenante: Di Francesco viene esonerato e richiamato in tutta fretta dopo il flop di Malesani che non fa nemmeno un punto. Alla 26^ il Sassuolo perde 0-1 in casa col Parma, con Berardi che entra al 70′ e viene espulso un minuto dopo: sembrano i titoli di coda della stagione, con i neroverdi ultimi a 17 punti in 26 giornate seppur a soli 4 punti dalla salvezza, in una zona retrocessione molto congestionata. Quattro punti contro Bologna e Catania rimettono le cose in carreggiata, ma tre sconfitte di fila rifanno sprofondare il Sassuolo a -5 a 7 giornate dalla fine. In un Mapei Stadium sempre piuttosto freddino, è in trasferta che i Difra-Boys costruiscono la grande rimonta, totalizzando 9 punti in tre viaggi a Bergamo (doppietta di Sansone), Verona (0-1 al Chievo) e Firenze (4-3 con tripletta di Berardi). E alla penultima arriva anche un 4-2 al Genoa tranquillo e appagato che vuol dire aritmetica salvezza con 90 minuti d’anticipo.

2006-07 – Reggina (Walter Mazzarri)

È l’Impresa con la I maiuscola: non ce ne vogliano le altre, ma risalire dall’inferno sportivo di un -11 è un numero alla Houdini. È il capolavoro della carriera di Walter Mazzarri, che accetta di rimanere su una barca che sta apparentemente affondando dopo che le sentenze di Calciopoli hanno severamente punito la Reggina e inizia a macinare punti da subito, aggrappandosi al fattore-Granillo e a una coppia d’attacco in stato di grazia, con Rolando Bianchi e Nicola Amoruso che segneranno 35 gol in due (18+17). La Reggina annulla la penalizzazione all’11^ giornata, con una pesantissima vittoria a Siena (rigore di Bianchi) che le fa finalmente toccare quota zero; rimane stabilmente nelle ultime tre fino a gennaio, poi due vittorie consecutive in trasferta contro Cagliari e Torino la riportano oltre la linea di galleggiamento. Ma è solo un’illusione, perché la testa torna sott’acqua fino ad aprile, in un continuo balletto di posizioni all’interno di una zona-retrocessione affollatissima che comprende almeno nove squadre. Lo scontro diretto col Chievo alla terzultima finisce 1-1; è preziosissimo il 3-3 a Empoli della giornata successiva, rimontando da un traumatico svantaggio di 0-3 dopo metà primo tempo. Poi il calendario e la fortuna danno una mano agli audaci reggini, portando all’ultima giornata al Granillo un Milan ancora in pieno hang-over post vittoria Champions 2007, che si consegna 0-2 senza colpo ferire (gol di Amoruso e Amerini) e dà il via a un’estate indimenticabile. Senza penalizzazione, la Reggina ha totalizzato 51 punti, che sarebbero valsi un ottavo posto finale.

1993-94 – Reggiana (Pippo Marchioro)

A differenza del Sassuolo, la Reggiana costruisce la sua prima (e unica) salvezza in serie A tra le mura amiche del Mirabello, antenato del “Giglio”: un impianto vecchio stile che però vede la “Regia” perdere una sola volta (contro il Milan futuro campione d’Europa, gol di Desailly) e subire appena sei gol, addirittura tre in meno di Tassotti-Costacurta-Baresi-Maldini. Tuttavia, a otto giornate dalla fine gli emiliani di Pippo Marchioro sono a quattro punti dalla salvezza – è l’ultimo campionato in cui la vittoria vale ancora soltanto due punti – sia pur con una partita in meno, il sentitissimo derby contro il Parma da recuperare ad aprile dopo essere stato sospeso a marzo per un infortunio all’arbitro Pairetto. A primavera la Reggiana innesca una marcia da perfetta media inglese, pareggio in trasferta e vittoria in casa; vince 2-0 il recupero col Parma e si riporta a tiro del Piacenza, agganciandolo al quintultimo posto prima degli ultimi 90 minuti di campionato. Finale velenosissimo: il Piacenza anticipa al venerdì la partita contro il Parma perché i gialloblù hanno la finale di Coppa delle Coppe, ma Milan-Reggiana viene invece ugualmente mantenuta alla domenica pomeriggio. Lo 0-0 del Tardini obbliga la Reggiana a pareggiare in casa di un Milan appagatissimo, e già con la testa alla finale di Champions con il Barcellona, per garantirsi almeno lo spareggio-salvezza. Il 1° maggio 1994 è una domenica tristissima per tutto lo sport, a lutto per la scomparsa di Ayrton Senna nel GP di Imola; festeggia solo Reggio Emilia, grazie al gol di Massimiliano Esposito che gela le speranze di un Piacenza furibondo, che a lungo rinfaccerà al Milan questo pomeriggio di beneficenza.

1990-91 – Cagliari (Claudio Ranieri)

Ok, non è più lo squadrone dei primi anni Settanta, ma nemmeno i tifosi più pessimisti si attendevano un girone d’andata così traumatico per il Cagliari che il giovane tecnico Claudio Ranieri ha pilotato in due anni dalla C alla A. Il doppio salto però evidentemente è indigesto, visto che a metà stagione i sardi sono penultimi a cinque punti dalla salvezza e un attacco modestissimo che arriva alla doppia cifra solamente alla 18^ giornata, quando Massimiliano Cappioli segna in casa dell’Inter il gol di un insperato 1-1 che riaccende la fiammella della speranza. Quattro pareggi in cinque partite contro squadre di livello come Milan, Napoli e Torino, poi finalmente la vittoria col Pisa – firmata da un guizzo di Daniel Fonseca a 10 minuti dalla fine – che cambia il verso della stagione. O, ancora più importante, la fucilata di destro dell’altro uruguayano Herrera che vale il 2-1 al 94′ di Cagliari-Parma, o la doppietta di Fonseca ad agguantare sul 2-2 la Sampdoria futura campione d’Italia. La primavera 1991 è una marcia trionfale in cui il Cagliari non perde più e si concede il lusso di staccare le mani dal manubrio con una giornata d’anticipo, il 19 maggio 1991, con una vittoria a Bologna (altra doppietta di Fonseca) mentre il Lecce perde a Marassi nel giorno della festa-scudetto sampdoriana. Non sarà l’ultimo capolavoro della carriera di Ranieri.

1988-89 – Ascoli (Eugenio Bersellini)

Tra gli anni Settanta e Ottanta l’Ascoli è stata una habitué delle volate-salvezza, quasi tutte a lieto fine. Merita una citazione il campionato 1988-89, il primo a 18 squadre dopo ventuno anni, in cui i marchigiani incappano in una serie nera a metà stagione che li tiene piombati all’ultimo posto per nove giornate consecutive. Li allena un veterano come Eugenio Bersellini, subentrato a Ilario Castagner dopo dieci giornate, ma nemmeno l’esperienza del “sergente di ferro” sembra in grado di salvare una squadra i cui tre stranieri rispondono ai nomi non facilmente pronunciabili di Cvetkovic e Arslanovic, oltre al più forte dei tre, il centravanti brasiliano Walter Casagrande, spalla offensiva del vecchio bucaniere Bruno Giordano. Tre vittorie consecutive raddrizzano clamorosamente la barca, mentre affonda a sorpresa il Torino (che non retrocede da 31 anni), ma la giornata cult è la 32^, quando l’Ascoli batte al Del Duca un Napoli più che arrendevole, con il secondo portiere Di Fusco schierato in attacco da Ottavio Bianchi nei dieci minuti finali come beffarda forma di protesta verso una società con cui è ormai ai ferri corti. La sconfitta per 5-1 a San Siro è indolore: all’ultima giornata basta uno 0-0 con la pericolante Lazio all’insegna del “volemose bene” per festeggiare l’ennesima salvezza.