Zalewski, il ‘bambino’ di Mou: «Voglio una telecamera solo su di lui»

by Francesco Pietrella
Nicola Zalewski

Così forte da stregare Mourinho già in estate, in silenzio, a fari spenti. Luglio 2021, amichevole con la Triestina, il baby Nicola Zalewski è uno dei giovani più promettenti del vivaio. Non dice una parola, sta nel suo, ma ruba l’occhio. José se ne accorge e va dal suo staff: «Puntate una telecamera su di lui per tutta la partita, voglio vederlo meglio». 

Il tutto all’oscuro del ragazzo, che ovviamente strega ancora e si guadagna la conferma. Otto mesi dopo è titolare fisso. Il bello è che gioca in un ruolo diverso dal suo: nato trequartista, ora fa l’esterno a tutta fascia. Corre, salta l’uomo e torna in difesa. Nelle ultime 13 partite tra campionato e coppa ha giocato sempre, dieci da titolare e tre da subentrato. Ha annullato Felipe Anderson nel derby, sfornato due assist in Conference e guadagnato la nomea di «bambino». Mourinho l’ha soprannominato così dopo la vittoria con la Lazio, difendendolo a spada tratta: «A Udine ha avuto difficoltà, la stampa di Roma l’ha ucciso. Se io fossi un allenatore di m… a collasserei sotto di voi». Invece l’ha confermato. 

La storia di Zalewski

Zalewski ha vent’anni ed è nato a Tivoli, vicino Roma, ma guai a dirgli che è di lì. Il ‘bambino’ è cresciuto a Poli, duemila abitanti scarsi sui Monti Prenestini a sud-est della Capitale. Vicoli stretti, sogni enormi. A quattro anni già faceva la differenza. Uno dei suoi primi allenatori, Mario Sgrulletta, è un signore di 73 anni che vive ancora a Poli. Qualche mese ha fa l’ha fotografato così ai microfoni del ‘Tiburno’. «Andai a vederlo a Zagarolo, giocava sotto età, ma l’allenatore l’aveva messo… in porta! Vado in campo e chiedo spiegazioni. La risposta è tutto un programma: ‘mister, lo faccio giocare un tempo lì perché altrimenti segna 4 gol ed è già finita’». Predestinato. Nonostante sia nato in Italia ha scelto di giocare per la Polonia. Boniek lo segue passo dopo passo da diversi anni. A settembre ha debuttato a Serravalle nel 7-1 contro il San Marino. 

Se Nicola gioca a pallone lo deve a papà Krzysztof. Nel 1989 si rifiutò di prestare servizio per il regime comunista e scappò in Italia con la moglie Ewa. Gli hanno sempre detto di giocare come sa, ma anche di non tralasciare lo studio e comportarsi bene. Il talento, del resto, c’è sempre stato e non è un mistero: nel 2018, in un derby con la Lazio vinto 7-2, sfornò un tris: assist, gol e rigore procurato. Destro di piede, un metro e 70 di classe, qualità e grinta, è cresciuto con Totti e Cristiano Ronaldo. Un solo scivolone fin qui: un video su Instagram dove il proprietario di un locale insulta Mourinho. Nicola non aveva colpe, era al posto sbagliato nel momento sbagliato, ora non se lo ricorda più nessuno. 

La Roma l’ha blindato fino al 2025. Nello spogliatoio ha legato con tutti, ma soprattutto con capitan Pellegrini. Lorenzo lo tratta come se fosse un fratello minore, hanno gli stessi agenti e gli dà consigli. Dopo Roma-Manchester dell’anno scorso c’è stato un abbraccio durato qualche minuto. Manifesto di un rapporto stretto, sincero, riservato. Scoperto da Bruno Conti, la sua casa di Poli affaccia ancora su un campo da calcio. Il giorno del provino con la Roma sugli spalti c’era Andrea Bernardini, un altro allenatore a cui è legato: «Venne in motorino da Zagarolo solo per me. Sugli spalti c’erano lui, mio padre e il papà di Calafiori». Prima delle telecamere dello Special One, lo fissavano sei occhi lucidi.