Dabo si racconta: «A Benevento si vive bene. Il razzismo non è un problema italiano, ma globale»

by Redazione Cronache
Bryan Dabo

Bryan Dabo, centrocampista del Benevento, si trova adesso in Africa, nel ritiro del Burkina Faso. L’ex Spal ha rilasciato un’intervista a TuttoMercatoWeb, affrontando diversi temi importanti.

BENEVENTO – «Mi sono sentito subito parte del club, fin dalla prima telefonata. Il mister e il direttore sportivo hanno spinto molto per portarmi in giallorosso, mi hanno voluto a tutti i costi. Mi hanno presentato un progetto vero e proprio, che prevede la permanenza in Serie A e una crescita costante. La loro fiducia è stata fondamentale per la scelta che ho fatto. Quando ci ho parlato, mi hanno fatto capire che mi avevano seguito da vicino e che avevano preso informazioni sulla mia carriera da più parti».

AMBIENTAMENTO – «La città è piccola e ti permette di stare in contatto con i tifosi tutti i giorni anche se adesso usciamo poco per ovvi motivi. Il gruppo è ottimo, lavora tanto e ha come obiettivo portare alla salvezza il club».

INZAGHI – «Mi trovo molto bene con lui. Mi ha colpito il fatto che cerca sempre di anticipare il lavoro, guarda sempre avanti con molta attenzione ai dettagli. La base del suo lavoro è ciò che facciamo in settimana nel corso degli allenamenti, cura tutti i particolari e questo ci fa crescere tanto. Poi è un allenatore che ti trasmette grande fiducia, anche a chi gioca meno. Non utilizza sempre i soliti 11 e questo per una squadra che ha un solo impegno a settimana fa la differenza. Tutti si sentono coinvolti. Non lascia nessuno indietro o da parte, è una forza per chi deve fare gruppo e puntare alla salvezza».

OBIETTIVO – «Ovviamente puntiamo prima di tutto alla salvezza e faccio fatica a pensare ad altro prima di aver fatto i punti necessari per restare in Serie A. Ogni partita ha una storia a sé, puoi vincere due gare di fila e poi perderne tre. Dobbiamo vivere giorno per giorno provando a mettere in campo la nostra identità, fondamentale per vincere le partite. Vogliamo essere una squadra tosta e penso che si sia già visto nelle prime partite che abbiamo giocato. Vogliamo raggiungere un buon livello di qualità, anche nel gioco, e poi provare a fare i punti che ci servono il prima possibile»

CHI VINCE LO SCUDETTO – «Penso che sarà una sfida molto aperta e che coinvolgerà più squadre. Il Napoli sicuramente, ma anche la Juventus, l’Atalanta e l’Inter».

CORONAVIRUS – «Non ne parliamo spesso, ma quando lo facciamo è per prendere coscienza del momento che stiamo vivendo e per essere consapevoli che è necessario rispettare le regole per evitare che il Covid entri nello spogliatoio e in squadra. Siamo sempre vicini a chi viene contagiato, di qualsiasi squadra sia. Siamo una piccola famiglia perché dobbiamo affrontare insieme una situazione anomala e di emergenza. Poi c’è da dire che giocare senza pubblico ti fa sentire sempre dentro un’amichevole, non è certo bello».

RAZZISMO – «Esiste ma non è un problema italiano, è un problema europeo, globale. Stiamo però parlando di una minoranza composta da deficienti. Se un tifoso mi grida negro di merda, non significa che lo pensino tutti, anzi. Purtroppo quella minoranza fa fare una brutta figura a tutto il movimento. Dà la sensazione che tutti in Italia siano razzisti ma non è così, anzi penso che sia un problema che colpisce da vicino più gli Stati Uniti per esempio. Chiaro però che pur essendo una minoranza, debba essere esclusa dal calcio e dalla vita di tutti i giorni. Non c’è spazio per il razzismo».