Lazio, Correa: «Mio padre si alzava alle 4 per darmi la possibilità di giocare a calcio»

by Grei Hasa

Joaquin Correa, attaccante della Lazio, si racconta ai canali ufficiali del club.

INFANZIA -«Sono nato a Juan Bautista Alberdi, ho lasciato casa a 11 anni. Sono felicissimo che il percorso mi abbia portato qua a Roma. A 19 anni sono venuto in Italia la prima volta, in Argentina ho lasciato tanti ricordi. Lì ci sono gli amici di sempre, quando posso li vado a trovare così come la mia famiglia. Giovavamo per strada da piccoli, non si possono dimenticare certe cose. Tornare a casa è sempre un piacere. Da piccolo mi piaceva il tennis, però era uno sport caro per la nostra famiglia, mio padre mi disse di scegliere, ma io avevo sempre il calcio in testa. È sempre stata una passione, mi svegliavo con il pallone, non ho mai pensato a una cosa diversa per la mia vita».

ARRIVOGià parlavo un po’ italiano, sono stato poco tempo alla Sampdoria, ma ho imparato tante cose. Non ho fatto tanta fatica, in Italia le persone sono calorose come in Argentina. Quando sono arrivato a Roma c’era tanta gente ad aspettarmi all’aeroporto, questo ti dà la voglia di ricambiare l’affetto. È stato importante per me. Cosa amo dell’Italia? Qui si mangia bene, soprattutto a Roma. Mi piace prendere il caffè dopo i pasti, in Argentina non è la normalità».

COMPAGNO DI SQUADRALuiz Felipe sarà per sempre mio amico, anche quando il calcio magari ci separerà. Il nostro è un rapporto come tra fratelli, per lui metterei il viso sul fuoco. È sempre felice, ti trasmette positività tutto il giorno, vuole che tu stia bene. Mi hanno accolto tutti bene alla Lazio, io sono che si lega alle persone, i compagni mi hanno aiutato tanto. Anche con Patric siamo sempre insieme, è sempre col sorriso. Milinkovic? Un altro grande amico, è un ragazzo tranquillo, ma con una grande voglia di vincere».

FAMIGLIAMia madre è la donna della mia vita, ha festeggiato da poco i 60 anni, sembra abbia 20 anni in meno. Per me è tutto, ha sofferto quando sono andato via di casa. Anche mio papà è straordinario, non posso chiedere di più. Mi portava ovunque a giocare, la nostra situazione economica non era semplice, si alzava alle 4 per lavorare e darmi la possibilità di giocare a calcio. Una delle persone più importanti della mia vita. In Argentina ora è un po’ complicata la situazione col Covid, ci sentiamo ogni giorno, facciamo videochiamate, siamo sempre in contatto. Mi mancano, ma ho 2 fratelli che sono lì con loro. Quando farò dei figli? Sono concentrato sul calcio, arriveranno al momento giusto. Amo molto i bambini».

CRESCITA – «Negli anni si cresce, in Spagna avevo perso 2 finali, qui ne ho giocate altre. Si migliora aggiungendo esperienze, adesso sono più sicuro di me stesso e di quello che faccio. Anche durante la quarantena ho imparato molto, ci sono stati dei problemi, mi hanno fatto crescere come uomo. Ora mi sento più leader di quando sono arrivato, i compagni col tempo mi hanno dato sempre più carica. Ho avuto la possibilità di crescere, adesso mi sento molto più importante di qualche anno fa. Poi non so per qualcuno cosa significhi essere leader… Io cerco sempre di prendermi le responsabilità quando gioco. Credo di essere cresciuto molto. Con il calcio sogno tutti i giorni, per esempio di vivere altri momenti belli. Fuori dal campo mi auguro di essere per sempre me stesso, lo stesso ragazzo con tante ambizioni e voglia di vincere. Lotito? Il presidente ci è vicino, quando abbiamo vinto era lì. Ci dà carica, a volte ne abbiamo bisogno. In questi anni anche lui ha vinto tanto, ha meriti su tante cose».