Sacchi sulla Serie A: «Che bello non vedere un padrone assoluto»

by Redazione Cronache

Arrigo Sacchi, ex-allenatore del Milan, ha parlato alla Gazzetta dello Sport del nostro campionato e di chi vede favorito per la vittoria finale. Queste le sue parole.

CAMPIONATO –  «Non vedo un padrone assoluto del torneo, mentre nelle annate precedenti era chiaro a tutti che la Juventus fosse la dominatrice. Ora c’è più equilibrio di valori, e questo è un bene per la Serie A: l’incertezza aiuta lo spettacolo. Mi aspetto altre sorprese da qui alla fine della stagione».

CAMPIONE D’INVERNO – «A parte il vantaggio di cinque punti, che non è un dettaglio trascurabile, mi sembra che il Milan sia la squadra più completa al momento. Mi spiego: i rossoneri sono già un collettivo, le altre stanno ancora lavorando per diventarlo».

MILAN – «L’entusiasmo dei giovani, il modo in cui sanno stare sul campo, la volontà di comandare il gioco e la capacità di fare pressing in ogni momento della partita: hanno energie da spendere, sono allenati bene. E qui bisogna dire bravo a Pioli. E poi si devono fare i complimenti a Maldini: Paolo ha costruito questa squadra azzeccando tutte le mosse e senza spendere quanto hanno speso le rivali. Non è una faccenda di poco conto».

IBRAHIMOVIC – «Un assoluto fenomeno. Incide anche quando non gioca, perché è un leader, perché ha trasmesso personalità ai compagni, perché sa guidarli, strigliarli e motivarli. Ecco, magari qualche volta si deve frenare perché li sgrida troppo platealmente: qualcuno potrebbe anche rimanerci male e allora non si ottiene l’effetto desiderato. Comunque stiamo parlando di un vero campione. A me sembra un capoclasse: un punto di riferimento per l’intero gruppo».

INTER – «Era ora… Proprio come ai miei tempi. Vabbè, lasciamo stare i ricordi che sennò ci s’immalinconisce e parliamo dell’Inter. Conte sta facendo un lavoro straordinario, gliene va dato merito. Però non tutti i giocatori sono funzionali al progetto e questo è un problema. Credo che l’Inter abbia ampi margini di miglioramento».

OBIETTIVI – «Bella domanda, dipende dalla volontà del gruppo. Se davvero vogliono migliorare, hanno a disposizione un grande professore come Conte e una società che li supporta. Bisogna vedere qual è il desiderio dei giocatori, mica tutti sono uguali. Le faccio un esempio: feci comprare Ancelotti, dopo qualche partita mi telefonò Berlusconi lamentandosi e dicendo che lui credeva di avere acquistato un direttore d’orchestra e invece non era. Io presi da parte Carletto e glielo riferii, aggiungendo che Berlusconi aveva ragione. Sa che cosa fece Ancelotti? Mi disse: ‘D’accordo. E come si può rimediare?‘. ‘Prendendo lezioni private – gli risposi – Tu vieni all’allenamento un’ora prima e lavoriamo assieme’. Non ha saltato una seduta, e aveva 28 anni ed era già un nazionale. Questi sì che sono professionisti. Se tutti i giocatori di Conte avessero il carattere di Carletto, potrei tranquillamente dire che i miglioramenti ci saranno e saranno sostanziali. Ma non conosco tanto bene i ragazzi dell’Inter».

JUVENTUS – «Se ritroveranno quella grinta, quella determinazione e quella fame che ha sempre contraddistinto la storia bianconera, allora diventeranno grandissimi. La Juve, per tradizione, è così: più che sul gioco si basa sul senso di appartenenza e sulle giocate dei singoli. E Pirlo, di singoli, ne ha tanti. Più di qualunque altro allenatore: tutti in grado di risolvere una partita in ogni momento. Io, lo sapete bene, credo che il gioco debba essere il filo sottile, quasi invisibile, che lega l’intero gruppo, ma la Juventus in Italia, e sottolineo in Italia, ha vinto con la tattica e con le prodezze dei suoi campioni. Io penso che solo di tattica non si possa vivere e, soprattutto, non ci si evolva, ma se hai uno come Cristiano Ronaldo che segna ogni volta che tira in porta tanto vale sfruttarlo».

NAPOLI – «Gioca bene, Gattuso ha fatto un lavoro incredibile. Però a Napoli non c’è la storia calcistica che possono vantare Milano e Torino, e alla lunga questo aspetto pesa. Vincere uno scudetto a Napoli è come vincerne cinque o sei in un’altra città. D’altronde ne hanno conquistati soltanto due, e uno molto dubbio con la famosa monetina di Alemao, quando avevano Maradona, cioè il più forte giocatore del mondo. Significa che portare il tricolore a Napoli sarebbe un’impresa davvero incredibile».

SORPRESE – «Gioisco ogni volta che vedo una squadra giocare con coraggio. Sabato scorso, ad esempio, mi sono entusiasmato per lo Spezia, che alla fine ha perso con la Lazio ma ha meritato gli applausi. Tengo d’occhio anche il Verona, ma ammetto che quelle cui presto più attenzione sono il Sassuolo e l’Atalanta. Un consiglio ai bergamaschi: tornino a essere loro stessi, umili, grintosi e generosi».