Miracolo Vaduz, l’Europa nelle Alpi: scrigno di pace in Conference

by Francesco Pietrella
Vaduz

Uno scrigno di benessere, pace e pallone incastonato tra le Alpi, protetto dal Reno e sorvegliato da un castello. Dici Liechtenstein e pensi alle banche, al fruscio dei soldi, a un puntino innevato tra Austria e Svizzera da girare in un giorno o a uno Stato senza forze armate. Da oggi avrà anche una squadra in Europa. Il Vaduz ha scritto la storia un giovedì d’agosto, buttando fuori il Rapid Vienna dai playoff di Conference e guadagnando i gironi per la prima volta nella storia. 

La Coppa del Liechtestein

Festa grande a Vaduz, dove l’allenatore è un ticinese, Alessandro Mangiaratti, e il suo vice un italiano, Francesco Pargalia, uno che segue il motto di Mario Draghi: «Whatever it takes». Una «costi quel che costi» pallonaro. E infatti ha portato l’Europa sulle alpi dopo aver vinto l’ennesima Coppa del Liechtenstein. Piccolo appunto: qui il campionato non c’è, le squadre più importanti giocano in Svizzera e disputano solo una coppa annuale. Il Vaduz, squadra di Challenge League, seconda divisione, ha alzato il trofeo 48 volte. Negli ultimi 25 anni, tralasciando le due edizioni non disputate a causa del Covid, ha vinto in 24 occasioni, cadendo solo nel 2011 contro l’Eschen/Mauren. Il Vaduz occupa il 194o posto nel ranking Uefa e se ne sta da decenni ai confini dell’impero, in attesa di dire la sua. Ora potrà farlo. 

Leggi anche: L’EROE DELLA NOTTE DI CONFERENCE È UN PORTIERE

Una rosa da 4 milioni

Per dare un’idea dell’impresa va analizzato il valore della rosa. L’undici del Vaduz si attesta sui 3,7 milioni, quello del Rapid sui 20. Il calciatore più costoso di Mangiaratti è il kosovaro Xhemajli, centrale difensivo da 500mila euro, mentre negli austriaci spiccano diversi profili da 5/6 milioni. Insomma, il divario tra i due club è altissimo. Per questo si può parlare di impresa. Al netto del valore della Conference rispetto all’Europa League e di sfide sulla carta più semplici, il Vaduz ha portato a casa un risultato storico. Il capitano è Benjamin Buchel, 33 anni, portiere con una cinquantina di presenze in nazionale, mentre la punta è Dejan Djokic, svizzero/bosniaco di 21 anni. Un altro da tenere d’occhio è Kristijan Cobras, nato in Croazia e naturalizzato austriaco, fantasista dal piede buono con un passato nel Rapid. Coincidenza. L’eroe europeo, però, si chiama Tunahan Cicek, autore del gol vittoria contro gli austriaci. Lui che ha giocato una vita in Svizzera tra l’altro, fantasista di origini turche eletto a star del posto. Orgoglio di Vaduz e dintorni. 

Questione di famiglia

Chi tiene le fila è un ex giocatore, Patrick Burgmeier, ex difensore con sei presenze in nazionale. Presidente del Vaduz dal 2019 dopo una decina di stagioni come amministratore delegato. Suo fratello Franz, veterano del Liechtenstein, 109 presenze dal 2001 al 2018, ricopre il ruolo di direttore sportivo. Infine lo stadio: il Rheinpark è più vicino al Reno che al centro di Vaduz. Basta lanciare un sassolino nel fiume per colpire la Svizzera. Qui l’Italia ha vinto diverse volte, ma soprattutto  la gente del posto ha esultato insieme a Mario Frick, ex punta di Siena e Ternana, capocannoniere della nazionale con 16 gol. Dal 2018 al 2021 ha allenato il Vaduz lanciando anche i suoi due figli, Yanik e Noah, chiamati così in onore dell’ultimo tennista francese a vincere il Roland Garros, Yannick Noah (campione nel 1983). Storie da scrigno di pace.